Corriere 5.12.18
Emiliano, la svolta del governatore pop: ora un trans-partito con i temi del Papa
di Fabrizio Roncone
Dopo la rinuncia (forzata) alla tessera del Pd
Arriva
la notizia che il governatore della Puglia Michele Emiliano non rinnova
la tessera del Pd — «Lo impone il mio ruolo di magistrato» — e allora
bisogna andarselo a sentire.
Emiliano piace un sacco ai pugliesi,
così alto, grosso, fintamente brusco e invece grandioso comunicatore,
spiazzante e furbo, ambizioso e però anche credibile per i suoi elettori
(10 anni filati da sindaco di Bari, dal 2004 al 2014, e da tre alla
guida della Regione): ancora sui marciapiedi lo fermano come un caudillo
pop e gli chiedono di mettersi in posa per un selfie, pacche sulla
spalla, «Dai, Miché» si permettono, certi gli mollano in braccio i
neonati — e lui, un filo narciso, lascia fare.
Nel Pd, diciamo
(Massimo D’Alema, cit.), Emiliano non gode di pari simpatia. Per
capirci: quando annunciò che avrebbe provato a candidarsi per un secondo
mandato (si vota nel 2020), Carlo Calenda reagì così: «Se il Pd ha
deciso di ricandidare quello lì a governatore, la mia permanenza nel Pd
può ritenersi conclusa». Poi, temendo di non essere stato chiaro,
aggiunse: «Tra Emiliano e il ministro Toninelli, dalla torre butto giù
Emiliano» (il congresso del Pd — fidatevi — può riservarci situazioni
strepitose).
Emiliano l’ha presa a ridere. A differenza di molti
suoi colleghi, spesso elettrici e retrattili, sembra quasi esaltarsi
davanti a chi gli è ostile. Invece di deprimersi, rintuzza. Provoca.
Rilancia.
Anche stavolta.
(«Rispetto la sentenza della Corte
Costituzionale: essendo magistrato, dicono, non posso avere né la
tessera di un partito, né incarichi all’interno del partito. Però posso
partecipare alla sua quotidianità politica e, come previsto dalla
Costituzione, candidarmi di nuovo alla Presidenza della Regione. Bene: è
esattamente quello che farò».
Nel Pd speravano che lei…
«Lo sport preferito del Pd è: buttamelo fuori, quello lì».
Nel vederla almeno senza tessera, Calenda e altri saranno comunque entusiasti.
«Vediamo se saranno entusiasti quelli che mi hanno votato in tutti questi anni».
Minaccia velata.
«Senta:
io sono tra quelli che il Pd l’ha fondato, pur arrivando da una lista
civica. E a questo partito io voglio ancora tanto bene, nonostante
tutto».
Nonostante chi?
«Bah…».
Nonostante chi, presidente?
Lo «sport»
«Io voglio bene ai Democratici ma lì lo sport preferito è: quello lì, buttamelo fuori»
«No, dico: mi vuole per forza far parlare di Renzi?».
Lei lo invitò a fuggire all’estero a testa bassa.
«Renzi
ha distrutto tutto quello che poteva distruggere, con quella sua idea
del chi non è con me è contro di me, una patologia grave e rispettabile,
ma micidiale per un partito. Ora vedo che finge di non interessarsi
delle primarie, ma sappiamo com’è il personaggio. In ogni caso, il
problema Renzi mi sembra superato».
Continui.
«Io penso che
sia giunto il tempo, in vista delle Europee, di pensare ad un movimento
trans-partitico che, contro certi populismi, metta al centro del
programma tre punti: l’antifascismo, il rispetto per l’essere umano e la
questione ambientale, immaginata su un asse che tenga i temi dei verdi
tedeschi e i discorsi di Papa Francesco».
Un movimento: è un po’ vago, così.
«La
vecchia classe politica va archiviata. Anche il M5S mi ha molto deluso.
Servono personalità della società civile, capaci di unire un arco che
da sinistra arrivi ai cattolici, e una grande guida».
Chi?
«Mi piacerebbe che uno straordinario personaggio come Walter Veltroni tornasse in campo»).
Vedremo.
La Puglia è sempre stata un prezioso laboratorio per la sinistra
italiana. Lì, del resto, anche recentemente, è stato possibile intuire
più di qualcosa in anticipo.
Erano i giorni del referendum
costituzionale voluto da Renzi e Maria Elena Boschi. Emiliano, secco:
«Attenti: state andando a sbattere contro un muro di cemento armato».
Qualche
mese dopo, alla Fiera del Levante, Emiliano passeggia con Luigi Di
Maio. Che si volta di colpo: «Con Matera che state facendo?». Emiliano
allora si porta una mano davanti alla bocca: «Matera… Matera è in
Basilicata».
Glielo disse con incredibile delicatezza.
Astuto
come un furetto, ha imparato ad essere delicato quest’omone che è stato
dieci anni sotto scorta — «A Brindisi, quando cominciò il processo alla
Sacra Corona Unita, fu Falcone a mandarmi una Croma blu blindata» — e
che a Bari è stato sostituto procuratore della Direzione Distrettuale
Antimafia, fino a quando non decise di togliere la pistola dalla fondina
— «Sì, giravo armato» — e candidarsi a sindaco della città (eletto,
iniziò a parcheggiare la moto sotto il Comune: il soprannome di
«Sceriffo» fu inevitabile).
Per non perdersi niente: lo scorso
novembre ha portato il gonfalone della Puglia a New York per le
celebrazioni del Columbus Day. Testimoni raccontano di averlo visto
ballare la «pizzica» sulla Quinta Strada accompagnato dall’orchestra de
«La Notte della Taranta».