Corriere 5.12.18
Einstein, scienza e religione
La sua «Lettera su Dio» all’asta per quasi 3 milioni
La «debolezza umana» nel documento venduto a New York
di Giuseppe Sarcina
WASHINGTON
«Per me la parola “Dio” non è altro che l’espressione e il risultato
della debolezza umana». Firmato Albert Einstein, 3 gennaio 1954,
Princeton, New Jersey. È il passaggio chiave di una delle lettere più
famose del grande scienziato. E oggi anche la più preziosa, visto che
Christie’s ieri l’ha venduta per 2 milioni e 892.500 dollari, compresi i
diritti d’asta, a New York. La quotazione iniziale era di 1-1,5 milioni
di dollari.
È un testo in tedesco di due pagine, con qualche
correzione, indirizzato a Eric Gutkind, autore del libro «Choose Life:
The Biblical Call to Revolt». L’appello è agli ebrei, partendo dalla
«incorruttibilità» di Israele.
A quell’epoca Einstein aveva già 74
anni. Aveva ottenuto il Nobel nel 1922, rivoluzionato la fisica, e non
solo, con la teoria della relatività. Da almeno vent’anni era uno dei
pensatori più importanti e più popolari del pianeta. Merito anche del
suo stile diretto, della sua libertà di pensiero che imponevano il
confronto, se non la polemica.
Non cambio idea:
la Bibbia è una raccolta di leggende venerabili ma comunque piuttosto primitive
La
«Lettera su Dio» ne è un esempio. Einstein aveva letto l’opera di
Gutkind e l’aveva bocciata su tutta la linea: «La Bibbia è una raccolta
di leggende venerabili ma comunque piuttosto primitive. Non c’è
un’interpretazione, per quanto sottile possa essere, che mi faccia
cambiare idea». E ancora: «Per me la religione ebraica nella sua
versione originale è, come tutte le altre religioni, un’incarnazione di
superstizioni primitive. E la comunità ebraica, di cui faccio parte con
piacere e alla cui mentalità sono profondamente ancorato, per me non ha
alcun tipo di dignità differente dalle altre comunità. Sulla base della
mia esperienza posso dire che gli ebrei non sono meglio degli altri
gruppi umani, anche se la mancanza di potere evita loro di commettere le
azioni peggiori. In ogni caso non sono in grado di distinguere alcun
“eletto” tra loro».
La notizia dell’asta ha rilanciato la
discussione sulla spiritualità di Einstein, che di sé aveva detto: «Sono
un religioso, non un credente». In questa stessa lettera lo scienziato
cita «il nostro meraviglioso Spinoza», il filosofo ebreo olandese del
diciassettesimo secolo che concepiva la figura di Dio come un essere
senza forma, impersonale: l’artefice dell’ordine e della bellezza
visibili nell’universo.
Idea ripresa da Einstein anche nel celebre
dibattito all’Hotel Metropole di Bruxelles con il fisico Niels Bohr che
sosteneva il «principio di indeterminazione», l’impossibilità di
stabilire quale sia la legge fondante del cosmo. «Dio non gioca a dadi
con l’universo», disse Einstein.
Per me la parola «Dio» non è altro che l’espressio-ne e il risultato della debolezza umana
Ma
la «Lettera su Dio» conferma, più prosaicamente, il crescente valore di
mercato dell’epistolario di Einstein. Fino a qualche anno fa era di
proprietà della famiglia Gutkind. Nel 2009 passò di mano per la prima
volta in un’asta per 400 mila dollari.
Ora vale sette volte tanto.
L’anno scorso a Gerusalemme fu venduta per 1,56 milioni un’altra sua
nota: «Una vita tranquilla e umile porta più felicità che l’inseguimento
del successo e l’affanno senza tregue che ne è connesso».