Corriere 27.12.18
Tutti i poeti del principe
La cultura sotto AugustoAttraverso il circolo del fedele amico Mecenate
Ottaviano legittimò il suo predominio assoluto
Immaginario. Il sovrano s’identificò nella figura di Enea: il nuovo eroe epico, l’avo della «gens Iulia»
di Franco Manzoni
Un’impronta
comune caratterizza la produzione letteraria durante l’età augustea.
Come se un’abile e occulta regia avesse guidato tutti gli autori nel
tendere verso un equilibrio etico. Con il principio di evitare eccessi
stilistici quali la volgarità del linguaggio e l’esaltazione della
lussuria o dell’estasi erotica. D’altronde qualsiasi forma di potere
necessita di legittimazione.
Così per aumentare il proprio
consenso Ottaviano, che per primo riuscì a riformare la costituzione
repubblicana di Roma senza annullarla ma svuotandola di contenuto,
decise di utilizzare l’ars poetica sotto vigile controllo, pronto a
ricorrere a drastiche misure di repressione contro quegli scrittori che
non si fossero allineati alla sua politica culturale. Un abile progetto
di propaganda: dopo le guerre civili, il periodo del grande terrore
compreso fra la morte di Cesare e la battaglia di Azio, è chiaro che
Augusto, simile al dio Helios, doveva essere esaltato per la sua
straordinaria capacità di donare la pace universale al popolo, di
restituire importanza alla famiglia e agli antichi costumi morali, di
certificare la missione dei Romani nel «civilizzare» i barbari fino ad
inglobarli.
Il suo nome andò di conseguenza a coincidere con la
ricostruzione dei valori tradizionali nell’ambito di una concordia
raggiunta. Mai più lotte intestine. Per controllare e orientare i
maggiori letterati del tempo il princeps ordinò al caro amico e
sostenitore Mecenate, ricco cavaliere, abile diplomatico, raffinato
appassionato di cultura, di costituire una cerchia di scrittori
disponibili a collaborare agli obiettivi della politica augustea. Che
cosa offrire in cambio? Protezione, garanzia di carriera, munifiche
elargizioni e cospicui sovvenzionamenti.
Con fiuto da eccellente
talent scout, Mecenate lanciò i giovani ma già apprezzati Virgilio e
Orazio. E non solo: sotto la propria ala protettrice accolse Tibullo,
Properzio e altri poeti, considerati poi minori dalla critica: Lucio
Vario Rufo, Cornelio Gallo, Aristio Fusco, Plozio Tucca, Valgio Rufo,
Domizio Marso, Quintilio Varo, Caio Melisso ed Emilio Macro. Un
autentico esercito di letterati come armi da usare per il sostegno del
disegno imperiale teso ad una riforma complessiva dello Stato.
Attraverso
le loro opere Mecenate, che da privato cittadino esercitava un potere
senza nome né definizione, riuscì a costruire un’operazione «modello» di
promozione a favore dell’ideologia di Augusto. Soltanto in tale modo è
possibile comprendere la stupefacente coerenza stilistica delle Odi di
Orazio e dei capolavori di Virgilio. Mentre la creazione nell’Urbe delle
prime biblioteche pubbliche permetteva all’imperatore di mettere a
disposizione di tutti esclusivamente letture gradite al regime.
I
rapporti tra principe e intellettuali non erano però sempre armoniosi.
Persino Virgilio fu convinto ad eliminare dall’Eneide il nome dell’amico
Cornelio Gallo, costretto al suicidio per ordine dell’imperatore.
Ovidio pagò l’esaltazione dei piaceri dell’eros e degli insoliti connubi
sessuali presenti nelle Metamorfosi con l’esilio in una sperduta
località sul Mar Nero. Lo storico Tito Labieno, colpevole di non essere
più in sintonia con Augusto, venne invece punito dando i suoi libri alle
fiamme.
Nella smania di conquistare un potere illimitato il
princeps s’incarnò di conseguenza nella figura di Enea, l’antenato della
gens Iulia, il nuovo eroe epico frutto dell’erudita fantasia di
Virgilio. Ma quell’Enea iniziatore della stirpe coincide tuttavia con un
fomentatore di guerra a qualsiasi costo. Non si tratta di una
contraddizione. Prima di divenire portatore di pace, Ottaviano sparse
sangue ovunque, assumendo il ruolo di vendicatore contro i cesaricidi
Bruto e Cassio e di salvatore della patria nei confronti dell’Oriente
invasore di Cleopatra e Antonio.
Nell’arco di un ventennio è
proprio con Augusto che iniziò la stagione dei massimi scrittori della
letteratura latina, quei classici senza tempo come Virgilio, Orazio,
Properzio, Tibullo, Ovidio e Livio, in grado di competere con gli autori
della Grecia antica. Tutti alle dipendenze dell’imperatore, uomo di
polso, non di clemenza.