Corriere 18.12.18
A fil di rete di Aldo Grasso
La prosa barocca di Franca Leosini contro i revisionisti di Erba
Il
delitto di Erba, come altri delitti famosi, si porta dietro un
affaticamento spettacolare, un andirivieni dalla realtà al reality, e
viceversa, fatto di «vite in diretta», di cronaca nera trasformata in
fiction, di racconti artefatti su realtà spaventosamente autentiche. «Fu
la notte buia dell’anima quella notte del 2006», sostiene Leosini, che
ha dedicato una puntata di «Storie maledette» non agli assassini Rosa e
Olindo ma alle vittime, ai fratelli Castagna (Rai3, domenica, 21.15).
Perché
questo scarto? «Non è per ripercorrere l’orrore — sostiene ancora
Leosini —, ma è perché all’interno di un vento revisionista,
innocentista verso Rosa e Olindo, si annida il tentativo di insinuare
che la responsabilità sia di un familiare».
Leosini non rinuncia
alle sue volute barocche («Olindo e Rosa, due pastori scesi da un
presepe sbagliato»), ai racconti melò («Azouz sembra un tronista di
Maria De Filippi»), agli accenni sessuali («il fascino della Bazzi non
era di un fulgore ustionante»), a una prosa tutta scritta di «limacciosa
fantasia». Ma perché interviene in favore della famiglia Castagna?
Questo è davvero l’aspetto più curioso. Di norma, Leosini cerca di
capire i motivi sociali che hanno spinto la vittima a commettere un
delitto. Questa volta, invece, tenta di opporsi alla «sia pur legittima»
spinta revisionista della difesa, in particolare cerca di contrastare
indirettamente le tesi sostenute nel documentario «Tutta la verità» (in
onda sul Nove nell’aprile di quest’anno), che aveva sposato la tesi dei
difensori e di qualche cronista, cercando di entrare nelle inevitabili
crepe delle indagini.
Leosini ha gioco facile nel tratteggiare
tutte le ambiguità di Azouz (spacciatore, piccolo boss, espulso
dall’Italia…) e la ferocia di Rosa e Olindo, il cui rapporto quasi
morboso era stato rotto dalle intemperanze dei vicini. Oggi il
revisionismo processuale è in tv, senza una fine.