Corriere 15.12.18
Scenari
Primarie: in testa Zingaretti. A un eventuale partito di Renzi andrebbe il 6,1%
Un patto tra il Movimento e il Pd? Tra i loro elettori prevale il no
di Nando Pagnoncelli
Dopo
il deludente risultato ottenuto alle elezioni Politiche del 4 marzo il
Pd sta vivendo una fase travagliata, alla ricerca di un nuovo leader e
di una nuova proposta politica.
Non è un’impresa facile, tenuto conto del significativo calo di consenso registrato nei suoi dieci anni di vita.
Partiamo
dai numeri: il Pd di Veltroni esordisce alle Politiche del 2008
ottenendo poco più di 12 milioni di voti, alle successive Politiche del
2013 il Pd di Bersani viene votato da 8,6 milioni di elettori, mentre
alle Europee dell’anno successivo il Pd di Renzi ottiene 11,2 milioni di
voti, e alle ultime Politiche il partito, sempre guidato da Renzi, si
ferma a 6,2 milioni di voti, con una perdita di circa 2,5 milioni
rispetto alle precedenti Politiche e di 5 milioni rispetto alle Europee.
I
sondaggi Ipsos più recenti accreditano il Pd tra il 17% e il 18%, con
un’ulteriore perdita di circa un milione di elettori. I flussi
elettorali mostrano che gli elettori delusi dal Pd alle Politiche hanno
scelto principalmente di astenersi o votare M5S.
La definizione di
una nuova proposta appare particolarmente complessa. Non stupisce
quindi che l’elettorato del Pd sia molto diviso riguardo alla strategia
futura: il 51 per cento auspica un partito che torni a parlare agli
elettori di sinistra, mentre per il 47 per cento il Pd dovrebbe
continuare la trasformazione in un partito capace di parlare anche al
centro o a destra, a coloro che non si riconoscono nel populismo e nel
sovranismo.
Tra la totalità degli elettori, lo spostamento a
sinistra è preferito dal 36 per cento mentre il 26 per cento
preferirebbe una forza che guarda anche al centro e alla destra
moderata.
Boom dell’astensione
Dal 4 marzo i dem
hanno perso un altro milione di voti, molti verso l’astensione
Tra
le diverse ipotesi di cui si parla c’è quella di un avvicinamento tra
Pd e M5S su alcuni temi, ipotesi che suscita il favore del 22 per cento
degli elettori e la contrarietà del 59 per cento. Anche tra gli elettori
di centrosinistra i contrari (60 per cento) prevalgono sui favorevoli
(37 per cento), come pure tra i pentastellati (57 per cento contro 39
per cento). E l’idea che in futuro Pd e M5S possano allearsi a livello
nazionale e locale ottiene risposte analoghe.
Le primarie per
l’elezione del segretario rappresentano un tratto identitario per il Pd:
dopo il ritiro di Minniti, abbiamo testato le preferenze tra
Zingaretti, Martina e Giachetti (in ticket con Ascani). Il governatore
del Lazio prevale sul segretario uscente sia nell’elettorato del Pd (39
per cento a 17 per cento) sia in quello delle altre liste del
centrosinistra (40 per cento a 12 per cento), mentre Giachetti si
attesta all’8 per cento e al 6 per cento sui due elettorati presso i
quali, tuttavia, si registra una quota elevata di incerti (32 per cento e
37 per cento).
Da ultimo, in queste settimane si è parlato della
possibilità che Renzi possa uscire dal Pd per fondare un proprio
partito. La cautela è ovviamente d’obbligo in questi casi, perché è
difficile misurare le intenzioni di voto ignorando quali potrebbero
essere le motivazioni alla base dello «strappo» (e il relativo
consenso), nonché il nome, il posizionamento e le strategie previste
dalla nuova formazione. Pur con la prudenza del caso, secondo il
sondaggio il partito di Renzi potrebbe raccogliere il consenso del 3,4%
degli elettori corrispondente al 6,1% dei voti validi. Il consenso
proverrebbe in larga misura dal Pd (73 per cento), dagli astenuti (12
per cento), da Forza Italia e Noi con l’Italia (8 per cento).
Ciò
sta a significare che il Pd rischierebbe di indebolirsi, non potendo al
momento compensare la perdita di voti con il ritorno di ex elettori che
il 4 marzo scorso hanno abbandonato il partito per la scarsa sintonia
con Renzi.
Indubbiamente l’ipotesi di una nuova scissione, questa
volta ad opera di Renzi, rischia di togliere serenità (ma non sarebbe un
fatto inedito per l’ex segretario) ad un partito alle prese con quella
che si prospetta come «una lunga traversata del deserto». E anche questo
non sarebbe un fatto inedito.