martedì 11 dicembre 2018

Corriere 11 .12.18
Polemiche Le conclusioni della procura di Torino
«Falso il papiro di Artemidoro» La conferma della magistratura
di Antonio Carioti


Nel 2006 fu il filologo Luciano Canfora, sul «Corriere della Sera» e sulla sua rivista «Quaderni di Storia», a negare per primo l’autenticità del «papiro di Artemidoro», il rotolo comprato nel 2004 dalla Compagnia di San Paolo e presentato come risalente al I secolo avanti Cristo. Oggi non solo la magistratura, messa in moto da Canfora dopo ulteriori ricerche, conferma pienamente quel giudizio per bocca della Procura di Torino, guidata ad Armando Spataro, ma la stessa Compagnia di San Paolo, che a suo tempo acquistò il papiro per 2.750.000 euro da Serop Simonian, mercante d’arte egiziano d’origine armena e residente in Germania, prende atto in una nota che il relativo procedimento «si è concluso con la dimostrazione della falsità del reperto». Nessuno tuttavia verrà processato per la vicenda: il fascicolo è stato infatti archiviato dal gip, su richiesta della magistratura inquirente, in quanto il reato di truffa aggravata si è estinto per avvenuta prescrizione.
L’esistenza del reperto venne segnalata per la prima volta nel 1998, sulla rivista «Archiv für Papyrusforschung», dagli studiosi Claudio Gallazzi e Bärbel Kramer, i quali poi, insieme a Salvatore Settis, ne attestarono l’autenticità, datandolo intorno al I secolo a.C. e attribuendo il testo all’antico geografo Artemidoro di Efeso. Di conseguenza la Compagnia di San Paolo acquistò il reperto, lungo due metri e mezzo e largo 32,5 centimetri, ovvero i circa cinquanta frammenti messi in vendita da Simonian, che su un lato contengono un testo in greco antico e disegni di mani, piedi e volti, mentre sull’altro sono raffigurati degli animali.
Nel 2006 il rotolo fu esposto a Torino in una mostra, a cura di Gallazzi e Settis, organizzata a Palazzo Bricherasio. E subito dopo si accese la polemica. «Rilevai alcune vistose anomalie linguistiche, per cui il papiro risultava scritto in un greco impossibile, e avanzai delle perplessità anche sulle figure, che mi ricordavano i dipinti del pittore spagnolo Francisco Goya», dichiara Canfora al «Corriere».
La discussione s’inasprì, ricorda il filologo: «Ricevetti risposte piccate da Settis e da altri studiosi, ma le successive indagini hanno confermato la fondatezza della mia posizione, specie per quanto riguarda l’inchiostro usato, diverso da quello disponibile nel I secolo a.C., e l’inattendibilità della foto che avrebbe ritratto il cosiddetto Konvolut (l’ammasso papiraceo da cui si diceva provenisse il rotolo), sicuramente successiva alla data indicata per lo smontaggio dello stesso Konvolut. Questo senza contare le osservazioni dello storico dell’arte Maurizio Calvesi, che ha negato l’origine antica dei disegni presenti sul reperto e ha messo in luce la strana somiglianza fra il testo e un’opera del geografo tedesco Karl Ritter, vissuto nell’Ottocento».
Sempre nuovi elementi si sono dunque aggiunti nel corso degli anni a sostegno della tesi della contraffazione. Ma già dall’inizio Canfora aveva indicato il nome del probabile falsario, il greco Costantino Simonidis, vissuto nel XIX secolo e famoso per i suoi raggiri.
«Nel 2013 — aggiunge Canfora — sottoposi i risultati delle mie ricerche a Gian Carlo Caselli, allora procuratore capo di Torino e ora l’inchiesta giudiziaria certifica che si tratta di una contraffazione ottocentesca». Lo scrive a chiare lettere in un lungo comunicato Spataro, successore di Caselli: «La certezza del falso è abbondantemente provata, quanto meno sulla base di elementi indiziari gravi, precisi e concordanti».
Il procuratore ricorda per esempio la testimonianza di Eleni Vassilika, ex direttrice del Museo Egizio di Torino, che rifiutò di esporre il papiro di Artemidoro nonostante fosse stato acquistato proprio per destinarlo a quella autorevole istituzione. E sottolinea come vadano nella direzione indicata da Canfora le ulteriori analisi affidate dalla Compagnia di San Paolo all’Istituto centrale per la conservazione e il restauro del patrimonio archivistico e librario (Ipcral). Anche se quell’esame non è ancora terminato, «le evidenze preliminari sembrano supportare la tesi del falso più di quella dell’autenticità», soprattutto per quanto riguarda la composizione degli inchiostri, assai differenti da quelli adoperati per i papiri egiziani nell’epoca alla quale si asseriva risalisse il reperto.
La Procura, precisa Spataro, ha ritenuto inutile «disporre una consulenza tecnica», anche perché la prescrizione del reato ipotizzato a carico di Simonian renderebbe ingiustificati i relativi costi. Tuttavia una copia della richiesta di archiviazione è stata trasmessa alla Compagnia di San Paolo «per ogni eventuale azione a propria tutela». Quest’ultima però annuncia nella sua nota che non intraprenderà iniziative giudiziarie a questo scopo.