Repubblica 3.11.18
Verso il MidTerm
Fenomeno Pressley
Ayanna, la prima afroamericana che corre per il seggio di JFK
di Anna Lombardi
BOSTON Ciascuno di voi ha un superpotere: il voto».
Ayanna
Pressley, 44 anni, i lunghi dread raccolti in una crocchia dietro alla
testa, fra gli applausi può finalmente scendere dalla scatola di cartone
con scritto a pennarello "speaker", affrontata nonostante i tacchi
altissimi affinché nel salone del Kinsale Irish Pub al 2 di Central
Plaza la vedessero anche dal fondo. Si fa strada fra i tavoli, stringe
le mani, offre una parola a tutti: «Non mi sono candidata per mantenere
lo status quo» dice a Repubblica. «La questione non è solo sconfiggere
Donald Trump. Ineguaglianze e disparità esistevano anche prima». Eccola
la candidata che dopo avere sbaragliato alle primarie democratiche il
veterano Michael Capuano, dieci legislature al Congresso, spera di
diventare la prima donna, e prima afroamericana, a vincere il seggio che
lanciò la carriera politica di John Fitzgerald Kennedy.
D’altronde
è proprio a casa Kennedy, qui a Boston, che si è fatta le ossa:
stagista e poi assistente di quel Joseph, secondo figlio di Bob ed
Ethel, deputato fra 1986 e 1999, incontrato ai tempi dei corsi serali al
Boston Metropolitan College dove lei studiava, mantenendosi pulendo le
stanze del Marriott Hotel. Nel settimo distretto ha praticamente già
vinto, ma per lei è arrivato lo stesso anche l’endorsement di Barack
Obama: «Servono più donne afroamericane che prendeno decisioni al
Congresso».
Il Kinsale è l’ultima tappa di una lunga giornata: al
mattino convegno sulla riforma carceraria a Roxbury, dove Ayanna – nata
nella violenta Chicago, figlia di un eroinomane che durante la sua
infanzia era in prigione ma poi riscattatosi diventando insegnante – ha
spiegato il suo programma per reintegrare chi ha pagato il debito con la
giustizia. Poi fra le donne di Planned Parenthood, la rete dei
consultori che la sostiene.
Evocando, fra le lacrime di molte, lo
stupro subito a 19 anni ma denunciato solo 7 anni fa, nel 2011,
all’inizio della sua carriera politica. Infine una corsa al Dudley Café a
Indiantown: «Come dice Obama: non mugugnate, votate!». Una campagna
fatta di piccole cose: «Porta a porta e miriadi di incontri comunitari.
Priva
di grandi donatori, cerca gli elettori sugli autobus e nelle
università, li raggiunge con video virali» ci spiega Erin O’Brien,
politologa dell’Università del Massachusetts. «Questo è uno stato
liberal, certo. L’eredità di Jfk è forte: ma i leader democratici, tolta
l’eccezione di Elizabeth Warren, sono uomini bianchi. La sua campagna è
semplice: in una città dove le disparità fra bianchi e neri è enorme va
dicendo a chi non si sente rappresentato che sarà il loro difensore non
il loro alleato. E non lo fa alla Bernie Sanders. È vero, alle primarie
ha schiacciato l’avversario, ma con una campagna pacata e fattuale.
Pressley
non è anti establishment: ha lavorato con Kennedy, con John Kerry. Non è
una populista: è una del popolo». Quel popolo di bianchi, neri, latini
ed asiatici che affollano il pub di fronte a City Hall, il comune dove
fino alle 8 di sera si può usufruire del voto anticipato. L’incontro
serve proprio a galvanizzare gli elettori e accompagnarli alle urne. In
corteo. Ayanna li scalda. «Faremo pochi passi, ripercorrendo orme
importanti. Marciamo lungo la Freedom Trail, il sentiero della libertà
che si snoda fra i luoghi che hanno fatto la Storia d’America». Il
piccolo corteo prima sfiora la Old Meeting House dove nel 1773 si
riunirono 5000 coloni che avviarono la rivolta del Tè: quando,
ribellandosi alle tasse britanniche, travestiti da indiani, ne gettarono
in mare 45 tonnellate. Poi la cupola d’oro della Old State House, dove
nel 1776 la Dichiarazione d’Indipendenza fu letta per la prima volta ai
cittadini. «Go vote: votate» canta lei: «È la nostra rivoluzione». E
pazienza se, oggi, i "rivoluzionari" sono 50 appena.
Ogni voto
conta e per incitarli arriva anche Maura Healey, primo procuratore
generale dichiaratamente gay d’America: «Chiamate gli amici, i parenti, i
colleghi, i vicini». Ecco pure l’icona del Senato Ed Markey, nemico di
chi nega i cambiamenti climatici, che dopo 40 anni alla Camera vinse lo
scranno di John Kerry diventato Segretario di stato: «L’America è nata
qui.
Siamo stati campioni dell’uguaglianza, dell’abolizionismo. Restituiamo l’America ai suoi valori» dice.
«You’re
right!» gli fa eco Pressley come nei gospel. «Lo so» ci dice subito
dopo: «Mi considerano un’outsider perché sfido la convenzione di chi
deve sedere ai tavoli del potere. Ma io voglio solo essere la voce di
famiglie che non arrivano a fine mese, immigrati che hanno paura della
deportazione, studenti schiacciati dal debito universitario, ex
carcerati che non trovano lavoro. Dire a coloro che hanno alle spalle
storie difficili come la mia che possono farcela. Che ce la faranno».
Armati di un superpotere: il voto.
# MidRep2018
I giornalisti di ' Repubblica' in viaggio nell'America che vota
Una
gioventù difficile e ora la quasi certezza di conquistare il posto al
Congresso che fu di Kennedy. "Avete un superpotere, il voto"
Ayanna Pressley, 44 anni, candidata per un posto al Congresso, con la maglietta di Wonder Woman e la mascherina di Catwoman.