sabato 3 novembre 2018

Repubblica 3.11.18
Lo studio dello psichiatra Boris Cyrulnik
Le zone del cervello in cui ha sede lo spirito religioso
di Massimo Ammaniti


È ben noto che la fede religiosa e la spiritualità aiutano lo stato psichico delle persone che soffrono di depressione e addirittura potrebbero rallentare l’evoluzione dei tumori. Non si tratta di un’ipotesi, la conferma sperimentale viene da una ricerca pubblicata dalla rivista Cancer su un ampio campione di pazienti che presentavano un tumore. Non è ancora chiaro, tuttavia, come la fede possa influire sull’evoluzione dei tumori, se aiuti a cambiare l’attitudine psicologica con cui si affronta la malattia oppure influisca sul funzionamento neurobiologico e immunitario potenziando le difese.
È un tema appassionante approfondito da Boris Cyrulnik, psichiatra francese di origine ebraica, sopravvissuto nella sua infanzia alle persecuzioni naziste.
Il libro Psicoterapia di Dio (Bollati Boringhieri) esplora in vari capitoli l’influenza crescente delle religioni nel mondo occidentale. E questa religiosità riguarda i cristiani, gli ebrei e i musulmani che vivono un’esperienza totalizzante che incide sulle pratiche della vita quotidiana e sulla loro visione del mondo. E mentre la religione ha le proprie cerimonie di culto, la spiritualità indica spesso un vissuto e un viaggio interiore che non necessita di una pratica religiosa.
E se tutto questo aiuta a trascendere le sofferenze della vita quotidiana e raggiungere uno stato di pacificazione personale, la fede troppo esclusiva può anche generare intolleranze, violenze e addirittura guerre che hanno segnato la storia dell’umanità.
L’adesione e l’appartenenza alla religione si costruisce giorno per giorno fin dall’infanzia, come il linguaggio, scrive Cyrulnik. Infatti attraverso l’esempio e le sollecitazioni dei genitori i bambini introiettano la fede che diventa parte integrante della loro identità. Nel film di Woody Allen Crimini e misfatti il protagonista, che appartiene a una famiglia ebraica praticante, racconta che da piccolo i genitori gli ripetevano «Dio ti guarda continuamente qualsiasi cosa fai»: «Forse per questo — commenta ironicamente — sono diventato oculista».
Il sentimento religioso si intreccia fin dall’inizio con l’attaccamento amoroso ai genitori e aiuta a sentirsi più sicuri. Quando si devono affrontare compiti impegnativi oppure si è vittime di traumi e avversità, ci si rivolge a Dio con la speranza che il suo intervento possa essere risolutivo. E anche quando ci si sente soli e disperati la relazione affettiva con Dio può essere consolatoria, aiutando a ritrovare la propria sicurezza personale.
Ma il sentimento religioso non riguarda solo la mente, anche il corpo ne viene coinvolto. Nelle pratiche religiose i fedeli si inginocchiano e si stendono a terra, si battono il petto, si muovono ritmicamente col corpo quasi a rafforzare con un coinvolgimento totale la propria partecipazione religiosa. Lo stesso cervello viene chiamato in causa quando ci si rivolge alla religione, soprattutto quando si raggiungono esperienze di ascesi e di estasi, nelle quali ci si libera del corpo e ci si avvicina a Dio.
Forse nel libro non viene abbastanza approfondito il coinvolgimento del cervello nel vissuto religioso, nonostante negli ultimi anni siano stati pubblicati interessanti studi. Fra questi una ricerca italiana che ha documentato quali aree cerebrali vengono attivate quando ci si immerge nella meditazione e si entra in un mondo trascendente, nel quale si perde il senso del tempo e si raggiunge una fusione ideale. Non sarebbe una singola area cerebrale che spiegherebbe la spiritualità, interverrebbero ampie aree cerebrali che interagiscono fra loro, dalla corteccia frontale a quella parietale e temporale. Il pregio maggiore del libro consiste nell’affrontare i significati dell’esperienza religiosa con spirito critico, ma anche profondamente rispettoso, anche perché le religioni stanno assumendo una rilevanza sempre più grande nel mondo contemporaneo.