Repubblica 31.10.18
Rossana Rossanda
"Colpa nostra se vince Salvini, la sinistra ha deluso le speranze"
Intervista di Concetto Vecchio
A luglio
ho deciso di tornare in Italia, assalita dal bisogno di capire. Da
Parigi, dove vivevo da dodici anni, seguivo Salvini in tv e mi prendeva
vergogna per quel che vedevo. "È anche colpa mia, colpa della nostra
parte", mi ripetevo. Avevo passato la vita a fare politica e reputavo la
mia lontananza come un abbandono del campo. Mio marito è scomparso tre
anni fa, non avevo più nessuno in Francia, qui a Roma i compagni di una
vita non ci sono più, Lucio Magri, Luigi Pintor, Valentino Parlato sono
tutti morti, e anche io sono molto vecchia ormai».
Rossana
Rossanda, 94 anni, giornalista, scrittrice, partigiana, "la ragazza del
secolo scorso", come titolò la sua famosa autobiografia, sta sfogliando
nel salotto di casa i primi numeri della collezione de il manifesto, il
giornale da lei fondato nel 1969. «Voglio rileggermi le cronache delle
lotte operaie di allora, i lavoratori si sono battuti per i loro diritti
e hanno vinto».
Che Italia ha trovato?
«Un Paese irriconoscibile, senza spina dorsale. Mi fa paura vedere quel che sta diventando».
Le fa più paura Salvini o Di Maio?
«Salvini, perché sa quello che vuole, Di Maio è sempre lì che ride».
Cosa la spaventa in Salvini?
«La prepotenza. Ho studiato a fondo il decreto sulla sicurezza, non capisco come Mattarella abbia potuto firmarlo».
Le sembra razzista?
«Lo è. Il migrante è visto soltanto come un potenziale criminale».
Che potere è questo al governo?
«È
la deriva razzista del populismo. Di Maio e Salvini sono entrambi
populisti, ma in maniera diversa, perché nel governo prevalgono
soprattutto le idee del leghista. I Cinquestelle non riesco a prenderli
sul serio».
Hanno avuto il 32 per cento, come fa a dire che non vanno presi sul serio?
«Forse
è un modo sbagliato di dire. Voglio dire: non riesco a capirli. Mi
dicono che molti di sinistra hanno votato per loro, ma i Cinquestelle di
sinistra non hanno proprio niente».
Moltissimi
ex extraparlamentari hanno votato per l’M5s. Come lo spiega? Con una
proposta di radicalità che la sinistra riformista non offriva più?
«Mi sembra evidente. Hanno cercato un cambiamento vendicativo dopo che le loro speranze sono andate deluse».
Cosa ci dice questo della sinistra italiana?
«Milioni di persone votavano a sinistra perché nel suo Dna c’era la difesa dei più deboli. Questo non lo pensa più nessuno».
Questa mutazione quando avviene?
«Direi
che inizia con il cambio del nome di Occhetto. Cambiare nome significa
mutare la propria identità. Da allora di nomi ne hanno cambiati tre o
quattro e ogni volta si sono allontanati un pezzetto dalla loro base.
Veltroni è arrivato a dire che non era mai stato comunista».
Lei è ancora comunista?
«Io sì».
Per chi voterebbe oggi?
«Non
saprei. Prenda i candidati segretari del Pd: Zingaretti, Minniti,
Martina, Boccia, Richetti. Non li distinguo. Mi dicono che Delrio è
bravo. Non dubito. Ma qual è la sua visione del mondo? Quando ero
giovane a Milano ho conosciuto bene la sinistra dc, quella di Marcora e
Granelli: le loro voci si distinguevano nettamente da quelle delle altre
correnti.
Prenda il democristiano Fiorentino Sullo, le sue battaglie contro le speculazioni edilizie si ricordano ancora adesso».
È stupita che gli operai votino per la Lega?
«Quella è un’altra storia, più vecchia. Succedeva già 15 anni fa. Tessera Cgil e voto per la Lega».
Perché è accaduto?
«La
Lega forniva spiegazioni semplici. "Se perdi il lavoro te l’ha portato
via l’immigrato, e prima ancora il meridionale, il terun. Non è colpa
tua. Non è colpa del sistema". Si è offerto allo stesso tempo un nemico e
una consolazione».
Lei è preoccupata dello spread?
«In
sé non mi pare un’indicazione di rovina, mi pare più grave fare una
manovra che non porterà alcuna crescita, non porterà lavoro».
È favorevole al reddito di cittadinanza?
«In
linea di principio sì, è giusto sostenere i poveri, ma poi cosa
resterà? Bisogna creare lavoro. E qui sono d’accordo con quel proverbio
cinese che dice: dai un pesce a un uomo e lo nutrirai per un giorno,
insegnagli a pescare e lo nutrirai per tutta la vita».
Come si schiererà alle Europee?
«Darò un voto pro Europa, contro i pericoli fascisti che vedo in giro. Il fascismo me lo ricordo bene, perciò mi fa paura».
Ma che strade restano alla sinistra stretta tra populismo e austerità?
«A
quelli che dicono che non ci sono alternative, dico guardate Sanchez e
Podemos in Spagna o il piccolo Portogallo: fate come loro».
È colpita dalla semplificazione del dibattito politico?
«Sono colpita dalla volgarità.
L’altro
giorno ho visto in tv una trasmissione dove tutti ripetevano "non me ne
frega un cazzo", se parlavo così mio padre mi mollava come minimo una
sberla».
Rimpiange di non avere avuto figli?
«Sì. Adesso mi sentirei meno sola e soprattutto avrei la percezione di avere tramandato qualcosa di me».
Perché non li ha avuti?
«Avevo molto da fare».
Come sono stati i suoi due matrimoni?
«Grandi
amori. Erano entrambi molto simpatici. C’era sempre tra noi la voglia
di stare assieme, non c’è niente di più bello, non trova?».
Come guarda al futuro?
«So che non ne ho più molto e in fondo non mi dispiace. Ho avuto una vita molto fortunata, ho conosciuto gente interessante».
Le figure più importanti?
«Mio suocero, il mio maestro Antonio Banfi, Sartre».
Com’era Sartre?
«Un
raro caso di francese disponibile, aperto. Veniva a Roma tutti gli
anni, amava l’Italia, era curioso, la de Beauvoir era più rigida».
Qual è l’ultimo libro letto?
« Le assaggiatrici di Rosella Postorino, interessante. Vorrei leggere Scurati su Mussolini».
Non sta sui social?
«Li detesto. Voglio passare all’altro mondo senza aver dato un solo euro a Zuckerberg».
Nel bilancio della sua vita prevalgono più le ragioni o i torti?
«Ho cercato di fare prevalere le ragioni, ma ho avuto grandi torti, del resto chi può negare di sé di non averne avuti».
Qual è il torto più grande?
«Non glielo dico. Lo dico con fatica anche a me stessa».