Repubblica 27.11.18
L’intervento
La Ue e l’uguaglianza sostenibile
di Fabrizio Barca
Caro
direttore, le imminenti elezioni europee sono un’occasione. Per fare
intravedere ai cittadini l’esistenza di un’alternativa sia al
neoliberismo, sia alla dinamica autoritaria. E per portare nel
Parlamento europeo un drappello di persone convincenti, radicali e
battagliere. Ma come?
Il quadro di riferimento è cupo. Dal Nord al
Sud dell’Europa, come in larga parte di tutto l’Occidente, è in atto
una dinamica autoritaria. La rabbia e il risentimento maturati in trenta
anni di politiche dominate dal neoliberismo vengono accarezzate da
formazioni politiche che al meglio non hanno una chiara direzione di
marcia, al peggio offrono a vulnerabili, penultimi e ultimi l’odio per
"gli altri", la ricerca continua di nemici, l’erezione di barriere. Le
imminenti elezioni europee possono avviare il contrasto organizzato di
questa prospettiva. Un contrasto che dia voce e spazio a decine di
migliaia di pratiche di avanzamento sociale che nei mondi della
cittadinanza, del lavoro, dell’impresa e della cultura, hanno retto al
trentennio neoliberista. Non si tratta della vittoria di quella o di
quell’altra formazione. È invece possibile che a Bruxelles arrivino da
tutta Europa 100- 150 europarlamentari, soprattutto giovani non
compromessi con gli errori del trentennio, con una forte presenza
femminile, che, pur appartenendo a diversi partiti, condividano il
disegno di un’Europa giusta e diversa da quella di oggi, conoscano
quelle pratiche territoriali, si impegnino anima e corpo a battersi e
ricercare alleanze, contrastino i tentativi autoritari e liberticidi.
Non
è in questa direzione che vediamo orientarsi la preparazione
dell’Italia all’appuntamento elettorale. Nei partiti di opposizione, sia
nei maggiori sia nei più piccoli, vediamo dominare l’arroccamento e
l’auto- referenzialità. Il confronto delle idee non riesce ad animare né
la dialettica interna, né il confronto fra formazioni diverse, e tutto
precipita in scontri di personalità e di apparati burocratici. Dal canto
suo, nel Movimento 5 Stelle appaiono senza ossigeno le istanze di "
nuova democrazia", che pure avevano percorso il paese. È dunque
necessario un salto.
Non è credibile che tale salto possa
consistere nella convergenza attorno a una strategia condivisa. Troppo
profondo è il vuoto di cultura politica, perché ciò possa avvenire in
pochi mesi.
Accantonando dunque l’ambizione di una convergenza
strategica, le forze che si oppongono ad una dinamica autoritaria hanno
un’altra strada. Trovare un minimo comune denominatore, alcune chiavi di
lettura del presente, alcuni principi, alcune politiche per la
giustizia sociale e lo sviluppo sostenibile da mettere al centro della
battaglia elettorale. E poi, soprattutto, affidarne il messaggio ai più
coraggiosi, ai più innovatori, ai più generosi, ai meno compromessi (
politicamente) fra i loro, candidandoli alle europee. Non si tratta
assolutamente, per il Pd o altri, di costruire un "listone
anti-autoritario", o, a sinistra del Pd, di dare vita a un nuovo partito
che metta insieme i diversi tentativi in atto. Ogni forza non
rinunzierà al suo percorso, alle proprie legittime aspirazioni, alle
proprie candidature di apparato (siamo realisti!). Si tratta piuttosto
di trovare un’intersezione fra i propri diversi percorsi che consenta di
fare intravedere agli elettori l’esistenza di un’alternativa condivisa
sia al neoliberismo, sia alla dinamica autoritaria, a cavallo di
formazioni diverse. «Sono divisi, la pensano diversamente, ma, guarda un
po’, su cinque punti che contano per la nostra vita dicono le stesse
cose … quasi quasi provo a votare i portatori di quelle bandiere …
chissà che a Bruxelles non possano fare davvero un buon lavoro » : a
questa reazione si può ambire. I sentimenti che vengono dalle pieghe del
paese dicono che è una strada possibile.
Per raggiungere questo
obiettivo le donne e gli uomini di buona volontà di forze diverse
possono usare i documenti a disposizione. Ne indico uno. Appena uscito. È
frutto del lavoro di una Commissione indipendente composta da trenta
esponenti dei mondi del lavoro, della cittadinanza e della cultura di
tutta Europa e di cui con Enrico Giovannini ho fatto parte. Il suo
titolo è Uguaglianza Sostenibile.
Propone una "svolta radicale
delle politiche europee e nazionali" e avanza 110 proposte operative
attorno a cinque temi: Giustizia sociale per tutti, Ridisegnare il
capitalismo, Progresso socio-ecologico, Potere alle persone, Promuovere
il cambiamento.
Il documento è stato promosso da parlamentari del
Gruppo dell’alleanza progressista dei socialisti e democratici del
Parlamento europeo, e si rivolge a tutti. Sarebbe un peccato se fosse
percepito e usato solo come uno strumento dei partiti che in quel gruppo
si riconoscono. (Magari lo fosse!) Può essere assai di più. Assieme ad
altri documenti animati dallo stesso spirito – penso ad esempio al
rapporto dell’International panel on social progress e al suo Manifesto
frutto di 3 anni di lavoro di uno straordinario gruppo di oltre 200
ricercatori di tutto il mondo – Uguaglianza Sostenibile può diventare
uno degli strumenti per la costruzione di quell’intersezione.
Lo
si usi dunque come un "documento terzo", un contributo da fuori. Perché
questo è. Lo si usi, assieme ad altri documenti, per confrontarsi e per
individuare, da parte di figure coraggiose e innovatrici di forze
diverse, punti comuni. Lo si usi dentro le loro formazioni per stanare
al confronto chi dedica le proprie giornate a costruire cordate anziché a
prepararsi a cinque anni di difficili battaglie. Lo si usi per
costruire candidature convincenti e radicali alle prossime elezioni
europee. Perché ciò avvenga, perché nessuno si senta escluso, e nessuno
si senta proprietario, sarebbe importante se fossero alti luoghi di
cultura di questa Italia a promuovere il confronto. È possibile. Sarebbe
un segnale.