Repubblica 25.11.18
Intervista con Alberto Asor Rosa
Come rompere il Grande Silenzio
Sono lontani i tempi di Fortini e Pasolini.
E
il professore che li vide da vicino spiega perché in 50 anni è cambiato
tutto. E perché un giorno decise di scrivere un articolo indirizzato a
un leader del Pd. Ma rinunciò
di Paolo Mauri
È
quasi inevitabile, parlando di intellettuali e, per usare un termine
ormai desueto, di impegno, andare a trovare Alberto Asor Rosa che di
questi temi si occupa da sempre. E se ci fosse qualche segnale di
ripresa, che so una nuova disponibilità a occuparsi della società da
parte dei giovani intellettuali? « Vorresti dire », sorride Asor Rosa,
«che forse è finito il "grande silenzio"?!». A proposito, aggiunge
subito dopo, di che anno è? E subito scova una copia del libro
intervista, intitolato appunto Il grande silenzio, che fece con
Simonetta Fiori proprio sul tema degli intellettuali. Siamo nel 2009.
La
fine di un’epoca è evidente e ne hai scritto molto: oggi è davvero
difficile trovare i sostituti di Calvino, Fortini o Pasolini… « Non si
tratta solo di scrittori. Penso per esempio a un intellettuale come
Norberto Bobbio che riversava nel dibattito pubblico i risultati dei
propri studi. Oggi è solo grazie a grandi quotidiani come Repubblica o
Il Corriere se capita di incontrare il pensiero di intellettuali come
Massimo Cacciari, Nadia Urbinati, Roberto Esposito o Ernesto Galli della
Loggia. Insomma una continuità con quanto accadeva nei decenni
precedenti c’è ancora, anche se è meno evidente».
C’è chi ci
riprova: proprio su Repubblica Gustavo Zagrebelsky invita alla "
resistenza civile". Ma il grande silenzio non è solo nostro. Anche in
Francia la figura dell’intellettuale in prima linea si è molto
appannata.
«Se prendi gli scrittori, le nuove generazioni, c’è un
distacco netto dall’epoca dei Fortini e dei Pasolini che prima citavi.
Qualche anno fa ho dedicato un saggio al tema "scrittori e massa"
ponendolo idealmente in parallelo a "scrittori e popolo" di cui mi ero
occupato quasi mezzo secolo prima. In cinquant’anni è cambiato tutto,
addirittura quel popolo non c’è più e la massa postmoderna è,
culturalmente parlando, un’altra cosa. Sono persino cambiati i modi di
produrre libri, di scrivere romanzi».
Mi sembra che oggi prevalga
il microcosmo: gli scrittori, quando non scrivono gialli, raccontano sé
stessi ed è raro che si occupino di una realtà più vasta. Un po’ quel
che accade con i social: Facebook è uno specchio nel quale si riflette
chi lo usa.
«Per non parlare di Twitter che i potenti usano come megafono, senza nessun filtro. Basta vedere quello che combina Trump…».
Oggi
i partiti, almeno qui da noi, ma non solo, si caratterizzano per la
loro improvvisazione, diciamo così, culturale. Sono nati letteralmente
ieri, ma l’essere senza radici non li aiuta nell’elaborazione di una
linea politica. Non pensi che gli intellettuali abbiano qualche
difficoltà a discutere di politica anche per la diversità dei linguaggi?
«
Confesso che qualche volta mi è venuta la voglia di scrivere un
articolo indirizzato al segretario del Pd, poi ho lasciato perdere».
D’altra
parte gli intellettuali oggi hanno abbandonato lo strumento rivista per
fare gruppo ed elaborare progetti, culturali o politici. Stranamente
internet, che rende molto più facile di una volta pubblicare una
rivista, non ha visto nascere luoghi di confronto, o almeno non
particolarmente visibili.
«Qualche giorno fa ho ripreso in mano un
numero di Laboratorio politico, una rivista appunto di intervento e
dibattito che risale ai primi anni Ottanta e che era pubblicata da
Einaudi. Beh, un gruppo di tutto rispetto: da Rodotà a Cacciari, Tronti,
Bodei, Rusconi, Tarantelli, Marramao…».
E naturalmente Asor Rosa.
C’era anche, se non ricordo male, Rita Di Leo. Poi la rivista chiuse
anche perché la Einaudi entrò in crisi e si fece un convegno sulla fine
della politica.
« Eravamo in perfetta sintonia con quanto andava
accadendo e sarebbe poi accaduto nel decennio successivo con l’arrivo di
Berlusconi. Tutto cambiava e anche gli scrittori, come abbiamo già
detto».
A opporsi pubblicamente era rimasto Tabucchi, che più volte era intervenuto contro Berlusconi e le leggi "ad personam".
«Tabucchi, certo. Nel nuovo millennio abbiamo avuto il clamoroso caso Saviano che con Gomorra,
uscito nel 2006, ha portato in primo piano i delitti della camorra».
Non
è il vecchio impegno subalterno al Pci di cui parlavi in " Scrittori e
popolo", è piuttosto una forma di intervento civile che, in senso lato,
ha anche una valenza politica.
« Certamente. Mi è capitato di
leggere e recensire La paranza dei bambini di Saviano. Saviano è
soprattutto uno scrittore e il suo talento è nella narrazione».
Anche così si può rompere il grande silenzio?