Repubblica 25.11.18
Qui Berlino. L’impegno sa di destra
di Tonia Mastrobuoni
Il 95 per cento dei profughi non vuole fuggire da guerre e persecuzioni ma "immigrare nei nostri sistemi sociali".
L’affermazione
lapidaria con cui Uwe Tellkamp, lo scrittore che ha raccontato
magistralmente la Dresda degli anni del Muro, ha inorridito il suo
editore Suhrkamp, non è un’eccezione.
Tellkamp ha poi rincarato la
dose scagliandosi su una nota rivista di destra, Sezession, contro una
discussione sui migranti che in Germania sarebbe imprigionata in un
"corridoio" di opinioni. Tellkamp non è solo.
Uno dei più famosi
artisti contemporanei, il fondatore della Nuova scuola di Lipsia, Neo
Rauch, lo ha definito addirittura "la reincarnazione di Stauffenberg",
il generale che morì nel tentativo di uccidere il Führer. La parola
d’ordine dietro la quale si trincerano ormai molti intellettuali di
destra nelle loro campagne d’odio anti-Merkel e anti-profughi è:
resistenza.
Per la cronaca, Rauch ha definito il femminismo la
"talibanizzazione della vita vissuta". La famosa egemonia intellettuale
di sinistra della quale parla uno dei filosofi tedeschi più noti, Peter
Sloterdijk, ormai è una chimera.
Il dibattito è dominato dallo
spettro opposto. E alcuni dei nomi più influenti provengono dalla
vecchia Ddr. Quando la dresdeniana Susanne Degen promosse un manifesto,
Charta 2017, per protestare contro il trattamento riservato agli editori
di destra alla Fiera di Francoforte, lo firmarono Matthias Matussek e
altri intellettuali di primo piano.
Un documento che si riferiva
alle proteste subìte alla Fiera da uno dei più rilevanti teorici della
Nuova destra tedesca, Joerg Kubitschek. Nella sua casa editrice Antaios
si incrociano i capi dell’Afd come Bjoern Hoecke o i leader
dell’ultradestra giovanile degli "Indentitari".
Con questa destra studiosi come Peter Leo o Maximilian Steinbeis consigliano, da sinistra, di dialogare.
Ma
è stato Kubitschek per primo a chiudere a ogni dialogo. Per lui, come
spiega a Repubblica, «lo strappo nella società deve diventare sempre più
profondo, il linguaggio sempre più esplicito».