Repubblica 23.11.18
India
Ucciso a colpi di frecce
Il missionario John e le ong divise sulla sua morte
Voleva convertire una tribù delle Andamane I volontari: “Vanno lasciate in pace”
di Federico Rampini
NEW
YORK Non succede spesso, che l’uccisione di un missionario venga
applaudita dalle organizzazioni umanitarie. Ma la tragica fine di John
Allen Chau non ha nulla di ordinario. Il 27enne americano originario
dell’Alabama e residente nello Stato di Washington (ma di origini
etniche cinesi) era stato inizialmente descritto come un “turista
avventato e illegale”, quando la polizia indiana ha recuperato il suo
cadavere. Recupero tutt’altro che facile: ha richiesto un blitz in
elicottero, su un’isola che solo teoricamente ricade sotto la
giurisdizione del governo di Delhi. L’isolotto sperduto ha un nome
suggestivo, si chiama la Sentinella del Nord, fa parte dell’arcipelago
delle Andamane.È nella Baia del Bengala, molto a Est delle coste
dell’India, in linea d’aria più vicino alla Birmania.
Ancora più
suggestiva è la sua fama. Sarebbe uno degli ultimi territori veramente
incontaminati del pianeta, mai conquistato dall’uomo contemporaneo e
dalle sue tecnologie, abitato da una piccola tribù aborigena che rifugge
da ogni contatto con “noi”. Ne ha fatto le spese, per l’appunto, il
giovane Chau.
Che ha sfidato i divieti del governo indiano. Forse
ha pagato qualche pescatore per il tragitto abusivo, o forse si è
avventurato da solo in kayak (molti dettagli restano avvolti nel
mistero) ed è sbarcato sull’isola. La sua spedizione è durata
pochissimo. Trafitto da miriadi di frecce, poi bruciato e sepolto sulla
spiaggia, fino all’operazione-recupero della polizia indiana in
elicottero.
In realtà Chau non era un turista come da versione
iniziale. È stato ritrovato un suo diario sui social. Il cittadino
americano era o voleva essere un missionario cristiano. Avendo appreso
dell’esistenza di una tribù così isolata, senza contatti con la civiltà,
si era incaricato della missione di “portargli la Parola di Dio”,
secondo le ultime testimonianze affidate ai social e poi lette dai suoi
familiari. Aveva già fatto quattro viaggi esplorativi, usando un visto
turistico, sia nelle isole Andamane che nelle Nicobar, a partire dal
2015.
È qui che subentra la reazione-shock di alcune ong
umanitarie, tra cui spicca Survival International, dedita alla sorte
delle minoranze etniche: «Gli abitanti delle isole Sentinelle – si legge
nel comunicato – hanno dimostrato più volte di voler essere lasciati in
pace. Il loro desiderio va rispettato».
In effetti perfino le
autorità indiane, che non brillano sempre per il rispetto delle
minoranze tribali, in passato hanno preferito fare un censimento a
distanza, osservando da navi o elicotteri la popolazione locale: la
stima è che gli abitanti della Sentinella del Nord siano a malapena un
centinaio. I britannici ne deportarono qualcuno a fine Ottocento.
Altre spedizioni di antropologi hanno tentato il contatto e sono tate respinte.
La
reazione di Survival International ha un fondamento sanitario
ineccepibile: il contatto con la “civiltà” (la nostra) può esporre gli
abitanti a malattie ignote sull’isola e contro le quali non hanno alcuna
immunità naturale. Ne seguirebbe uno sterminio batteriologico. È una
possibilità tutt’altro che remota.
È proprio così che avvenne il
genocidio degli indiani d’America da parte dei conquistadores spagnoli e
portoghesi: molto più delle aggressioni militari fecero strage le
aggressioni del vaiolo e del morbillo.
Il povero Chau forse non si
rendeva conto: non solo del pericolo che correva lui, ma del pericolo a
cui esponeva gli aborigeni che voleva convertire.