Repubblica 22.11.18
“Aborto spontaneo, non ti curo" licenziato il medico obiettore
Napoli, rifiutato l’intervento d’urgenza in ospedale. La donna aveva rischiato di morire
di Giuseppe Del Bello
Napoli
Medico obiettore licenziato dalla Asl. In tronco, per omissione di
assistenza. A rischiare la vita è stata una donna incinta, alla 18esima
settimana di gravidanza. Il camice bianco è uno specialista ginecologo,
così contrario all’interruzione volontaria di gravidanza da spingersi
fino al rifiuto di prestare soccorso a una paziente in gravi condizioni.
È
accaduto a Giugliano in Campania, nel popoloso hinterland partenopeo.
Sono le 2,45 della notte tra il 30 giugno e il primo luglio scorsi,
quando Maria (nome di fantasia) approda al pronto soccorso dell’ospedale
San Giuliano. Di turno di guardia per il reparto di Ostetricia e
Ginecologia c’è il dottor G. D. C. La donna sta male, lo capiscono
subito l’infermiera e l’ostetrica che la accolgono. Chiamano il medico,
lo avvertono della paziente appena arrivata, lui fa spallucce. Ricorda a
entrambe di essere obiettore e quindi di non poter intervenire. A nulla
valgono le insistenze di chi gli rappresenta urgenza e gravità della
situazione. Si gioca tutto sul filo dei minuti. Alle 3,12 Fatima
Sorrentino, l’ostetrica, telefona a un altro medico, Crescenzo Pezone.
Lui non è di turno e nemmeno reperibile, spiega da casa, ribadendo che
il collega già presente in ospedale è obbligato ad assistere la
paziente. L’ostetrica ci riprova, ma riceve un altro rifiuto: « Il caso
non è di mia competenza. Chiamate Pezone » . E a questo punto Pezone si
infila in macchina e raggiunge l’ospedale. Arriva in un baleno. Gli
basta poco per inquadrare lo stato clinico di Maria. Non può aspettare
altro tempo. E così interviene al posto del collega. Ed è ancora Pezone
che dopo qualche giorno scrive ai vertici della Asl Napoli 2 Nord da cui
dipende il presidio ospedaliero. Fa il resoconto di una notte che
poteva finire in tragedia. Dalla sua relazione si legge che la donna era
«in travaglio. E di questa circostanza l’ostetrica aveva informato il
dottor D.C. Pertanto, mi precipitavo in ospedale ( impiegando meno di
dieci minuti) » . Poi entra nel dettaglio Pezone. Descrive la patologia
acuta di Maria: « Mi resi conto che avendo già espulso il feto privo di
attività cardiaca, doveva subito essere trasferita in sala parto.
Chiamato l’anestesista di guardia, il dottor Ciccarelli, in anestesia
generale procedevo…. ». È la cronistoria, precisa il medico nella
relazione « che ritengo di dover riferire a chi di dovere ».
E in
questo caso, la risposta della Asl è stata dura. Prima è stata istruita
la commissione di disciplina che, dopo aver sentito le testimonianze,
sia del personale ospedaliero di turno quella notte sia dello stesso
dottor D.C, decide per la sanzione. La più severa, il licenziamento
senza preavviso che viene immediatamente proposto al direttore generale
dell’Asl, Antonio D’amore. Il manager la fa sua e la delibera diventa
operativa.
Così chiude il caso Virginia Scafarto, direttrice
sanitaria dell’Azienda: « La giustificazione addotta dallo specialista
di guardia inadempiente non è stata ritenuta valida. Voleva far
intendere che infermiera e ostetrica non lo avessero avvertito. Insomma
che loro avevano mentito e lui diceva il vero. E questo non è risultato
dall’indagine » . Tra l’altro, secondo la ricostruzione della storia
clinica emerge che l’aborto farmacologico era già in fase avanzata e che
quindi il ginecologo non avrebbe potuto appellarsi all’obiezione.
Sarebbe bastato occuparsi dell’emergenza.
Commenta Silvana
Agatone, ginecologa romana e presidente della Laiga (Libera associazione
italiana ginecologi per applicazione della legge 194): «L’obiezione di
coscienza esenta dal compiere atti che inducono l’aborto, ma non esonera
dal dovere di legge di prestare assistenza».