Repubblica 15.11.18
Chimica e bugie
Così la Cia studiò il siero della verità
Desecretato
il Project Medication ideato nel 2002 dai servizi Usa Psicofarmaci per
interrogare i terroristi islamici. Poi la rinuncia
di Elena Dusi
ROMA
Dopo l’11 settembre la Cia usò ogni mezzo: doveva far confessare i
terroristi di Al Qaeda che aveva catturato. Nei casi più difficili pensò
di ricorrere agli psicofarmaci come "siero della verità": un’idea
accarezzata (invano) da oltre un secolo. Vi si lavorò in particolare
nella Guerra Fredda. Ma quei dossier tornarono utili in epoca di lotta
al terrorismo. «L’intensità e la durata dell’interrogatorio di Abu
Zubaydah avevano sorpreso tutti.
Si pensò a un’alternativa più benevola con l’uso di farmaci durante le sessioni di domande».
Così
inizia uno dei capitoli centrali di un rapporto della Cia appena
desecretato, dopo due anni di battaglia legale da parte dell’American
Civil Liberties Union, storica ong per la difesa dei diritti civili. Il
documento descrive la storia di "Project Medication": l’idea della Cia
di ricorrere agli psicofarmaci per far confessare chi resisteva ai
metodi duri. Il medico dell’Agenzia che ha scritto il rapporto racconta
che Abu Zubaydah, terrorista di Al Qaeda catturato nel 2002 in Pakistan,
fu schiaffeggiato, sbattuto al muro, costretto a restare rannicchiato
in celle minuscole e sottoposto a ripetuti waterboarding. Lo stesso
personale dell’Agenzia, scosso da quelle scene, decise a quel punto di
ricorrere all’"alternativa benevola": «Cercammo, e trovammo un rapporto
della Cia del 1961 – prosegue il documento – dedicato ai "farmaci della
verità per gli interrogatori". La conclusione era che non esiste una
bevanda magica. I barbiturici possono aiutare, eliminando i meccanismi
di difesa, ma le confessioni sono contaminate da racconti di fantasia,
memorie ingannevoli o farfugliamenti». I sovietici incontrarono problemi
simili con i loro farmaci. Ancora più confusionari furono i risultati
del famigerato programma Mk-Ultra, con cui la Cia negli anni ’50 e ’60
usò fra l’altro Lsd. Si ottennero, prosegue il rapporto, «informazioni
irreali, bizzarre ed estremamente difficili da valutare». In un centro
di detenzione della Cia che resta segreto, gli agenti e i medici che
assistono all’interrogatorio di Abu Zubaydah pensano che «valga la pena
di provare» una sostanza nuova: il Versed. «È un farmaco della classe
delle benzodiazepine» spiega Pietro Pietrini, psichiatra, esperto di
neuroscienze e diritto, direttore della Scuola Imt di Alti Studi di
Lucca. «È una medicina potente. Causa rilassamento e amnesia temporanea.
Si usa in preanestesia, per esami invasivi come la colonscopia o nella
sedazione dei pazienti terminali».
È nel cocktail di alcune
iniezioni letali. «Agisce attraverso meccanismi diversi, ma ha effetto
simile all’alcol» prosegue Pietrini.
«Fa perdere in parte i freni
inibitori, riduce il controllo su quel che si fa e si dice. Chi ha
mentito, sotto effetto del farmaco può cadere in contraddizione». I
medici della Cia si rendono conto che l’uso del Versed andrebbe contro
la legge (anche se il farmaco è stato usato con la morfina in un
trasferimento).
Sull’altro piatto della bilancia c’è la paura di
nuovi attacchi terroristici. Il team dell’Agenzia che si occupa degli
affari legali alla fine decide di «non sollevare una nuova questione con
il Dipartimento di Giustizia». Project Medication viene archiviato nel
2003. L’estensore del rapporto tira un sospiro di sollievo: qualcun
altro ha tolto le castagne dal fuoco per lui. In tempi di waterboarding,
le preoccupazioni per i medici dell’Agenzia non mancano. La rinuncia
«risparmia all’Office of Medical Services un problema etico non da
poco».