Repubblica 10.11.18
Prospettive
Progetti di pace in un mondo senza uguaglianza
di Laura Montanari
Alla
decima conferenza di Fondazione Umberto Veronesi, a Milano il 15 e il
16 novembre, si discute delle disparità che nelle diverse aree del
Pianeta sono alla base della povertà e dell’ingiustizia. E che
minacciano la democrazia
Non hanno accesso alle stesse risorse e
quindi nemmeno alle stesse fortune, sembrano venire da mondi distanti
anche se magari vivono nelle medesime città o Paesi, o continenti. Certo
la crisi economica ha inflazionato le disuguaglianze, le ha sparse
nelle aree geografiche, le ha alimentate in diversi strati della
società. Ma le differenze hanno radici anche meno recenti e più
profonde: pescano dalla storia e non soltanto da quella economica.
Scriveva Zygmunt Bauman che nel pianeta delle disuguaglianze è
l’ingiustizia che uccide la democrazia. Siamo sicuramente davanti a un
problema complesso e le letture sul come siamo arrivati qui sono
molteplici: per questo il tema delle "disuguaglianze globali" è stato
scelto da Fondazione Umberto Veronesi per la decima edizione di Science
for Peace, il progetto nato nel 2008 da un’idea di Umberto Veronesi, per
la due giorni che si terrà il 15 e 16 novembre all’Università Bocconi
di Milano. Ogni anno si svolge questa "chiamata" che seleziona su scala
internazionale ricercatori ed esperti. «Le Nazioni Unite hanno inserito
la lotta alle disuguaglianze come uno dei diciassette obiettivi
fondamentali nel quindicennio 2015-2030», spiega Alberto Martinelli,
vicepresidente di Science for Peace e professore emerito di Scienza
Politica e Sociologia dell’Università degli Studi di Milano. «Noi
abbiamo voluto affrontare questo tema perché è sempre più rilevante, la
percezione delle disuguaglianze accresce il rancore sociale e questo
influenza la politica», prosegue Martinelli. Naturalmente è la politica
che si deve far carico di trovare le chiavi per tagliare le distanze:
come? «Una delle caratteristiche di Science for Peace», aggiunge
Martinelli, «è di non fermarsi all’analisi dei fenomeni ma di
individuare soluzioni. In questo caso welfare, investimenti su
istruzione e salute, lotta all’evasione fiscale e altre strade che ci
verranno suggerite nel corso dei lavori». Disparità di reddito, ma anche
di genere. «Le disuguaglianze economiche tra i Paesi sviluppati e
quelli in via di sviluppo si sono ridotte, anche se i poli restano molto
distanti, mentre sono cresciute quelle interne ai singoli Paesi»,
osserva ancora Martinelli.
L’Italia ne è un esempio. Il divario
tra Nord e Sud è evidente. E di questo parlerà Federico Toth, docente di
Scienza Politica all’Università di Bologna, focalizzando il suo
intervento sulla salute: «Nascere in Trentino piuttosto che in Campania
regala oggi un’aspettativa di vita media di tre anni in più. Perché? Non
c’è una sola risposta, ma un orizzonte ampio da indagare che spazia
dalla politica sanitaria all’organizzazione dei servizi, alla qualità
dell’ambiente, all’alimentazione, agli stili di vita. Il gap è aumentato
negli ultimi anni e questo è, a mio avviso, il principale problema
della sanità italiana». Per fare un esempio, nel Sud c’è un maggior
tasso di obesità. I dati 2017 parlano del 14 percento per il Molise,
oltre il 12 per Abruzzo e Puglia, contro il 7,8 di Bolzano e l’8,7 della
Lombardia. Ma questo è soltanto uno dei tanti indicatori possibili che
mostrano il divario tra le due aree del Paese. Cosa è stato fatto per
colmare il gap? «Molto poco», risponde Toth. «Negli ultimi due decenni
il governo si è preoccupato più che altro dell’aspetto finanziario, il
principale strumento messo in campo sono stati i piani di rientro per le
regioni indisciplinate nei conti e nelle spese. Va detto che non sono
stati attuati ovunque: infatti alcune regioni sono state commissariate. I
piani di rientro sono stati sostanzialmente delle cure dimagranti che
hanno avuto l’effetto di risanare in parte i bilanci, ma allo stesso
tempo hanno impoverito la qualità dei servizi». Dunque cosa fare?
«Esistono sul territorio situazioni che funzionano. Penso per esempio
alle case della salute in Emilia Romagna e in Toscana, poliambulatori
che si rivolgono ai malati cronici e altri pazienti. Penso anche che
potremmo pensare a forme di gemellaggio fra regioni del Nord e del Sud
con uno scambio tra modelli e competenze».
Chiara Saraceno
interverrà a Science for Peace per parlare delle differenze di genere,
che negli ultimi 50 anni hanno registrato dei miglioramenti importanti,
ma con un andamento disuguale e discontinuo: «A fronte di una
uguaglianza nei livelli di istruzione, non corrisponde una uguaglianza
nei percorsi di studio», spiega la sociologa dell’Università di Torino.
«E la differenza è ancora più manifesta nel mondo del lavoro, nelle
carriere e nella remunerazione». L’ultimo dato Istat sul tasso di
occupazione femminile segna per l’Italia un valore vicino al 50 per
cento contro il 65 della media Europea e questo è un dato su cui
riflettere: non avere un lavoro significa spesso non avere
un’indipendenza e quindi, per esempio, «uscire con difficoltà da un
matrimonio che non funziona. Allo stesso tempo», prosegue Chiara
Saraceno, «l’uguaglianza è lontana nella partecipazione al lavoro
familiare: le coppie italiane sono le più asimmetriche nei Paesi
sviluppati anche quando la donna è occupata. Per lei i carichi domestici
diventano una specie di secondo lavoro. Anche i modelli culturali sono
ambivalenti, si aderisce in via di principio a un’idea di uguaglianza,
ma quando si scende nei dettagli emerge una visione tradizionale della
divisione delle responsabilità e delle capacità tra uomini e donne».