l’espresso 25.11.18
Resistenza a porte aperte
Collettivi,
reti, librerie. Da Nord a Sud il femminismo è vivo. Conquista le più
giovani. E tiene alta la voce contro il patriarcato
di Cristina Da Rold
Patriarcato.
È un arcipelago tutt’altro che omogeneo quello dei femminismi italiani.
Ma se c’è una parola che li accomuna è questa. Vanno in cerca della
libertà, le donne. E se “libertà da” è terreno comune, riguardo alla
“libertà di” gli orientamenti sono diversi, diversi gli approcci alla
lotta. Unanime è però l’impressione che il femminismo stia rivivendo una
stagione di forte propulsione, da Nord a Sud, anche fra le più giovani.
«O è un po’ visionario, un’utopia concreta, o non è femminismo», dice
Sara Fichera del Collettivo RIVOLTApagina catanese. Case delle Donne,
collettivi, reti, librerie. L’elenco è lungo, e il progetto Rete delle
Reti ha creato una prima mappa di questi luoghi. Ci sono reti che
aggregano realtà diverse e danno vigore alla lotta femminista, come Non
Una Di Meno, attiva dal 2016, e D.i.Re – Donne in Rete contro la
violenza, che comprende ottanta centri antiviolenza italiani. Al centro
le donne, anche con approcci diversi. «La nostra è una lotta per la
libertà femminile e per la valorizzazione della differenza sessuale
nelle donne e negli uomini», spiega Clara Jourdan, Libreria delle donne
di Milano, luogo storico del “femminismo della differenza”. «Il
femminismo è necessario, ma non ci interessa la differenza biologica dei
sessi», ribatte Federica Maiucci, Collettivo Degender Communia di Roma.
«Il problema è l’oppressione del patriarcato. Per questo le nostre
riunioni non sono aperte ai maschi, perché pensiamo che serva un luogo
dove confrontarsi separatamente». Negli anni Settanta
l’autodeterminazione partiva dalla rilessione sul corpo, «la bussola del
femminismo», la chiama Monica Lanfranco, fondatrice della rivista
“Marea” e del primo podcast femminista, “Radio delle donne”. E oggi?
L’impressione è che le più giovani parlino di corpo in modo diverso, in
nome di una libertà sessuale che scardina le categorie stesse di
“eterosessualità”, “omosessualità”, “transessualità”. Al di là delle
differenze, comunque, il momento è di rinnovata unione, specie grazie al
Piano Femminista di NUDM, che ha come baricentro la lotta contro la
violenza maschile sulle donne e la violenza di genere. «NUDM è un
movimento che è riuscito a unire gruppi di femministi diversi e realtà
LGBTQ, producendo un ragionamento politico basato sull’idea che la
violenza di genere sia sistemica», spiega Laura Buono di NUDM Milano. In
questa direzione va la neonata Prochoice, «prima rete italiana
contraccezione e aborto, che mettere insieme professioni e attivismo»,
spiega Eleonora Cirant, giornalista e attivista. «In Italia è quasi una
parolaccia per un politico dirsi femminista, all’estero non è così.
Nonostante tutto il femminismo è riuscito a entrare nell’universo delle
più giovani», aggiunge Anna Pramstrahler, Casa delle Donne di Bologna. E
unanime è l’opinione positiva sulla rivoluzione scatenata dal #MeToo.
«Credere alle parola delle donne, darle forza: noi lo facciamo ogni
giorno nei centri antiviolenza», interviene Maria Rosa Lotti di D.i.Re.
Resta l’eterna questione del separatismo: giusto coinvolgere i maschi?
«Siamo separatiste ma aperte al confronto con quei gruppi di uomini che
si sono messi in discussione», dice Mariella Pasinati della Biblioteca
delle Donne UDI Palermo. «I maschi vanno coinvolti, specie i più
giovani», chiosa Paola Columba, autrice di “Il Femminismo è superato.
Falso!”(Laterza). Spesso sotto mira, le Case delle Donne sono più vive
che mai: le racconta Antonia Cosentino ne “Al posto della dote. Casa
delle Donne: desideri, utopie, conlitti” (Villaggio Maori edizioni).
«Qui ogni donna può trovare il suo posto», dice Giovanna Zitiello della
Casa della Donna di Pisa. «Sono luoghi in cui possono ricevere
accoglienza e aiuto legale», nota Antonella Petricone della Casa delle
Donne di Roma. E di mobilitazione ne sa qualcosa Tea Giorgi, voce
energica della Casa delle Donne di Trieste: «Resistere, resistere,
resistere. Resistiamo nonostante la tragica situazione politica, perché
abbiamo una rete locale forte e intergenerazionale». conclude. «Ciò che
bisogna combattere», dice Nadia Maria Filippini, Società Italiana delle
Storiche, «è l’idea, sbagliata, che i diritti siano acquisiti per
sempre»