lunedì 26 novembre 2018

l’espresso 25.11.18
Resistenza a porte aperte
Collettivi, reti, librerie. Da Nord a Sud il femminismo è vivo. Conquista le più giovani. E tiene alta la voce contro il patriarcato
di Cristina Da Rold


Patriarcato. È un arcipelago tutt’altro che omogeneo quello dei femminismi italiani. Ma se c’è una parola che li accomuna è questa. Vanno in cerca della libertà, le donne. E se “libertà da” è terreno comune, riguardo alla “libertà di” gli orientamenti sono diversi, diversi gli approcci alla lotta. Unanime è però l’impressione che il femminismo stia rivivendo una stagione di forte propulsione, da Nord a Sud, anche fra le più giovani. «O è un po’ visionario, un’utopia concreta, o non è femminismo», dice Sara Fichera del Collettivo RIVOLTApagina catanese. Case delle Donne, collettivi, reti, librerie. L’elenco è lungo, e il progetto Rete delle Reti ha creato una prima mappa di questi luoghi. Ci sono reti che aggregano realtà diverse e danno vigore alla lotta femminista, come Non Una Di Meno, attiva dal 2016, e D.i.Re – Donne in Rete contro la violenza, che comprende ottanta centri antiviolenza italiani. Al centro le donne, anche con approcci diversi. «La nostra è una lotta per la libertà femminile e per la valorizzazione della differenza sessuale nelle donne e negli uomini», spiega Clara Jourdan, Libreria delle donne di Milano, luogo storico del “femminismo della differenza”. «Il femminismo è necessario, ma non ci interessa la differenza biologica dei sessi», ribatte Federica Maiucci, Collettivo Degender Communia di Roma. «Il problema è l’oppressione del patriarcato. Per questo le nostre riunioni non sono aperte ai maschi, perché pensiamo che serva un luogo dove confrontarsi separatamente». Negli anni Settanta l’autodeterminazione partiva dalla rilessione sul corpo, «la bussola del femminismo», la chiama Monica Lanfranco, fondatrice della rivista “Marea” e del primo podcast femminista, “Radio delle donne”. E oggi? L’impressione è che le più giovani parlino di corpo in modo diverso, in nome di una libertà sessuale che scardina le categorie stesse di “eterosessualità”, “omosessualità”, “transessualità”. Al di là delle differenze, comunque, il momento è di rinnovata unione, specie grazie al Piano Femminista di NUDM, che ha come baricentro la lotta contro la violenza maschile sulle donne e la violenza di genere. «NUDM è un movimento che è riuscito a unire gruppi di femministi diversi e realtà LGBTQ, producendo un ragionamento politico basato sull’idea che la violenza di genere sia sistemica», spiega Laura Buono di NUDM Milano. In questa direzione va la neonata Prochoice, «prima rete italiana contraccezione e aborto, che mettere insieme professioni e attivismo», spiega Eleonora Cirant, giornalista e attivista. «In Italia è quasi una parolaccia per un politico dirsi femminista, all’estero non è così. Nonostante tutto il femminismo è riuscito a entrare nell’universo delle più giovani», aggiunge Anna Pramstrahler, Casa delle Donne di Bologna. E unanime è l’opinione positiva sulla rivoluzione scatenata dal #MeToo. «Credere alle parola delle donne, darle forza: noi lo facciamo ogni giorno nei centri antiviolenza», interviene Maria Rosa Lotti di D.i.Re. Resta l’eterna questione del separatismo: giusto coinvolgere i maschi? «Siamo separatiste ma aperte al confronto con quei gruppi di uomini che si sono messi in discussione», dice Mariella Pasinati della Biblioteca delle Donne UDI Palermo. «I maschi vanno coinvolti, specie i più giovani», chiosa Paola Columba, autrice di “Il Femminismo è superato. Falso!”(Laterza). Spesso sotto mira, le Case delle Donne sono più vive che mai: le racconta Antonia Cosentino ne “Al posto della dote. Casa delle Donne: desideri, utopie, conlitti” (Villaggio Maori edizioni). «Qui ogni donna può trovare il suo posto», dice Giovanna Zitiello della Casa della Donna di Pisa. «Sono luoghi in cui possono ricevere accoglienza e aiuto legale», nota Antonella Petricone della Casa delle Donne di Roma. E di mobilitazione ne sa qualcosa Tea Giorgi, voce energica della Casa delle Donne di Trieste: «Resistere, resistere, resistere. Resistiamo nonostante la tragica situazione politica, perché abbiamo una rete locale forte e intergenerazionale». conclude. «Ciò che bisogna combattere», dice Nadia Maria Filippini, Società Italiana delle Storiche, «è l’idea, sbagliata, che i diritti siano acquisiti per sempre»