La Stampa Tuttolibri 17.11.17
Michelangelo scopre la “Pietà”
ma rischia di finire sul rogo degli eretici
Il
genio rinascimentale protagonista del nuovo thriller di Strukul:
braccato dall’Inquisizione deve salvarsi nella Roma corrotta e assassina
di Sergio Pent
Tra
narrativa e Storia, finzione creativa e realtà documentata, ipotesi
fantastiche e accadimenti esaltati dalle suggestioni letterarie, molti
personaggi celebri hanno assunto ormai un loro ruolo di eroi postumi a
cui ogni scrittore attribuisce imprese, meriti, interventi essenziali
nel percorso dei grandi eventi, con lo scopo primario di un
intrattenimento che in certi casi funziona, diverte, vende. Dopo la
fortunata saga dei Medici Matteo Strukul si cimenta con l’immenso
Michelangelo, figura ancora poco frequentata dalla narrativa del
«reperto storico». La passione di Strukul per quel periodo si riflette
anche in un elegante volume illustrato edito da Mondadori Electa,
Rinascimento. Il genio e il potere dai Medici ai Borgia, in cui compie
una ricca escursione «guidata» tra i grandi nomi dell’epoca, da
Donatello a Leonardo, fino al sacco di Roma e alla fuga – nel maggio del
1527 - di papa Clemente VII e con lui di tutti i più grandi artisti,
momento che segna la fine del Rinascimento.
Con il romanzo
michelangiolesco Strukul ci conduce invece in un periodo di poco
successivo, tra il 1542 e il 1547. Seppur svelto e convincente nelle sue
incursioni fantastoriche, mettersi in gioco con il pittore del Giudizio
Universale e lo scultore di monumenti eterni come il Mosè e la Pietà
poteva rivelarsi un tranello, dal quale il nostro narratore ha saputo
sfuggire, ricreando soprattutto un mondo – quello ecclesiastico di metà
Cinquecento, con i conflitti tra cattolici e protestanti a ridosso del
Concilio di Trento – in cui Michelangelo, ormai prossimo ai settanta, si
muove come una pedina essenziale nel dirimere contrasti, lotte e
vendette. Preso in mezzo suo malgrado in questioni perfidamente
politico-religiose, tra il monumento funebre per la tomba di papa Giulio
II, al quale lavora controvoglia da anni, e l’amicizia con Vittoria
Colonna, marchesa di Pescara, che lo avvicina al movimento protestante
tramite il cardinale inglese Reginald Pole, il sommo artista, peraltro
venerato da tutti i potenti, si trova a gestire una situazione nella
quale anche la sua arte rischia di diventare merce di scambio per scelte
epocali.
Lungi dall’agire come un Indiana Jones della Roma
papalina, Michelangelo deve comunque districarsi in trappole altolocate,
laddove le sue mosse vengono seguite da una splendida fanciulla del
popolo – dal soprannome emblematico di Malasorte – indirizzata sulle sue
tracce dal cardinal Carafa, a capo della Santa – si fa per dire –
Inquisizione.
Il versante artistico è comunque ben presente, tra i
ritocchi faticosi, fisicamente devastanti del Giudizio Universale e la
conclusione della mitica statua di Mosè, per la quale l’autore non
poteva esimersi dall’inevitabile «perché non parli?». Ma a prevalere è
soprattutto l’azione, in un gioco sapiente e mai gratuito di intrighi
dai quali emergono tentazioni di cambiamento all’interno di una
eternizzazione dei poteri forti della Chiesa, in un momento storico
convulso e inquieto dove non era affatto sorprendente sentire parlare
del figlio di un papa. I contrasti provocano vittime e storture, i
cattivi non sono sempre quelli che vogliono smuovere qualcosa, e la
stessa Malasorte, divenuta amica – non sveleremo come – di Michelangelo,
è uno di quei personaggi veri e convincenti che arricchiscono una
narrazione comunque disinvolta e coraggiosa. Il personaggio del grande
artista spicca attraverso una scrittura snella che non esalta ma neanche
ammicca, caratterizzando nella fantasia il possibile ritratto dell’uomo
in bilico sull’orlo di un possibile cambiamento epocale, in cui anche
la sua somma arte diventa oggetto di scambio del potere. Addii
strazianti, domande irrisolte: guardando Roma dall’alto, il vecchio
Buonarroti progetta un altro lembo di futuro e – a quanto si capisce –
Matteo Strukul un altro episodio di questa saga azzardata ma godibile e
onestamente rispettosa.