La Stampa TuttoLibri 17.11.18
Se il dio Eros ti squarcia il petto può uscirne qualcosa di buono
Elena
e Menelao, ma anche Pericle e Atene, Socrate e i discepoli ovvero
seduttori e sedotti Un viaggio nell’antica Grecia alla ricerca della
forza che porta a non avere paura di niente
di Angelo Guglielmi
L’abisso
di Eros è lo straordinario viaggio di Matteo Nucci nell’Atene del V
secolo a.c.(il momento più alto della cultura della Grecia antica).
Domandandogli un giornalista che cosa direbbe Pericle oggi sul timore
dei migranti Nucci ha risposto: li inviterebbe a non avere paura,
portando come luminoso esempio Mimmo Lucano sindaco di Riace non
soltanto per l’accoglienza praticata ma per avere capito che Riace
poteva rinascere con persone che avevano voglia di futuro. In breve
Mimmo Lucano, immaginandolo cittadino della felice Atene, avrebbe aperto
la sua mente all’irruzione del dio Eros che, invitato dall’apertura
scavata da Afrodite dea del desiderio, entrando, avrebbe squarciato la
sua anima non a favore degli istinti (degli appetiti) che risiedono
nella sua parte più bassa ma della consapevolezza e intelligenza che ha
sede nella sua parte più alta.
Ho fatto ricorso al caso Riace in
cerca di aiuto per consentirmi la possibilità di accendere appena un
lampo di luce sulla grandiosità del pensiero, i costumi e i
comportamenti che animavano la cultura di Atene del V secolo a.c. sulla
quale Matteo Nucci con questo suo saggio-romanzo esercita uno scandaglio
così potente e dettagliato di cui non si può riferire su un giornale
che in versione assolutamente frettolosa. Quel secolo (quella età) era
il secolo certamente di Pericle e di Lisia ma soprattutto di Platone e
di Socrate , di Tucidide e di Saffo, di Euripide e di Aristofane. Era il
secolo in cui Eros, che Esiodo qualche secolo prima aveva posto a l’
origine del mondo, si manifesta con una tale forza costituente,
dilagando come un liquido nei meandri più reconditi e nella pratica
quotidiana della società di allora. Eros, scrive Matteo Nucci, è la
divinità che dà inizio alla generazione. La divinità che fa tremare le
gambe, sottomette il raziocinio, spinge all’accoppiamento e alla
riproduzione. E lo confermano due straordinari autori che nel V secolo
a.c. - dunque almeno tre secoli dopo Esiodo - ne leggevano le opere (i
versi: Esiodo si esprimeva in poesia). I due pensatori che ancora oggi
noi conosciamo come due vette indiscusse della filosofia occidentale,
Platone e Aristotele, non lasciano spazio al dubbio. Eros è la potenza
che governa il cosmo. E’ la potenza divina capace di avere la meglio su
qualsiasi altra mente divina. Dunque un principio che manifesta la sua
estraneità e la sua superiorità rispetto a tutto ciò che segue.
E a
noi, cittadini di oggi, non è consentita alcuna possibilità di
distrazione né di identificazione e solo meravigliarci che qualche
tratto (tutt’altro che marginale) della nostra modalità di essere era
presente (con tutt’altro intendimento e estensione) nel miracolo di
quella antica cultura. «Ingannare per dire il vero», è il convincimento
massimo di Platone. «Impossibile riprodurre la realtà se si vuole
mostrare il vero». E Socrate non è «l’uomo che aveva fatto
dell’ignoranza e della continua tensione verso il sapere la sua ragione
di vita»? Che «il sedotto è anche il seduttore»? Che «non esiste
letteratura senza menzogna (che il potere del racconto non sta nel suo
realismo ma in ciò che libera nell’anima di chi lo legge)»?
Questi,
e molti altri ribaltamenti di significato (che sono anche i nostri - di
oggi) Nucci ci dice essere presenti nella antica Grecia ma in loro per
la ricchezza della loro cultura, noi per sfuggire all’impoverimento
della nostra.