giovedì 8 novembre 2018

La Stampa 8.11.18
Cade l’obbligo di riferire ai superiori per i poliziotti
di Grazia Longo


Stop all’obbligo per la polizia giudiziaria di riferire ai superiori con il rischio di far arrivare le notizie di reato dritte alla classe politica. La Corte Costituzionale, accogliendo il conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato proposto dal procuratore capo di Bari nei confronti del governo, ripristina il segreto investigativo.
Il vincolo delle comunicazioni alla scala gerarchica era stato stabilito dal governo Renzi nell’agosto 2016, nel decreto con cui la Forestale veniva accorpata all’Arma dei Carabinieri. Solo pochi mesi dopo iniziò a infuriare lo scandalo Consip. Fuga di notizie e manipolazione delle prove furono la punta dell’iceberg che videro i vertici della centrale acquisti della pubblica amministrazione informati troppo presto dell’indagine.
Tanto per capirci: l’amministratore delegato Luigi Marroni, come si evince da un’intercettazione del 20 dicembre 2016, riferì al capo dell’ufficio legale di sapere dell’esistenza degli accertamenti «4-5 mesi prima».
La decisione della Consulta
Ma ora la Consulta sancisce che la polizia giudiziaria deve confrontarsi solo con la procura, con il pubblico ministero titolare dell’inchiesta. In questo modo, i ministeri dell’Interno, della Difesa e dell’Economia, anelli finali delle forze investigative come polizia, carabinieri e guardia di finanza, non verranno informati in tempo reale. Con la norma censurata si prevedeva che, per un coordinamento informativo, «i vertici delle Forze di Polizia» adottassero «istruzioni affinché i responsabili di ciascun presidio di polizia interessato» trasmettessero «alla propria scala gerarchica le notizie relative all’inoltro delle informative di reato all’autorità giudiziaria, indipendentemente dagli obblighi prescritti dalle norme del codice di procedura penale». La sentenza della Consulta bolla, invece, il filo diretto tra investigatori e superiori come «lesivo delle attribuzioni costituzionali del pubblico ministero, garantite dall’articolo 109 della Costituzione».
Si allontana così l’allarme sollevato da vari procuratori e dal Csm su un tema così delicato da aver provocato anche tensioni tra Palazzo dei Marescialli e il capo della polizia, Franco Gabrielli. Quest’ultimo, in difesa del decreto e in merito ai malumori che esso aveva scatenato, si definì «offeso». «Come se il sottoscritto e i vertici delle forze dell’ordine - disse in un’intervista - non avessero giurato fedeltà alla Costituzione, ma alla maggioranza di governo del momento».