La Stampa 30.11.17
Obrador inizia il mandato sfidando il muro di Trump
A
cinque mesi dalla sua robusta vittoria Andrés Manuel Lopez Obrador si
insedia domani come nuovo presidente del Messico promettendo di cambiare
il volto di un Paese sprofondato in una grave crisi sociale, con alti
livelli di diseguaglianza e una violenza da trentamila morti ammazzati
all’anno. Amlo, come viene chiamato, ha stravinto nelle elezioni a
luglio, raccogliendo trenta milioni di voti e la maggioranza in entrambi
i rami del Parlamento e durante la lunga transizione durata 150 giorni
non ha visto diminuire questo sostegno: due messicani su tre, secondo
recenti sondaggi, hanno fiducia in lui per combattere i due principali
mali messicani, intimamente legati fra loro; la criminalità organizzata e
la corruzione. È la prima volta per il Messico che la sinistra arriva
al governo interrompendo il potere quasi egemonico del Pri, il
partito-Stato che oggi soffre una profonda crisi d’identità.
La linea economica
Un
po’ come accadde con Lula da Silva in Brasile nel 2002, Lopez Obrador
ha dovuto tranquillizzare i mercati; ha promesso che manterrà
l’autonomia della banca centrale, ha negato che ci saranno espropri di
imprese private o aumenti delle tasse. Al contrario, per far fronte al
deficit nei conti dello Stato ha promesso un forte taglio nella spesa
pubblica, con uno snellimento della gigantesca macchina amministrativa
federale. «Dobbiamo finanziare lo sviluppo economico senza aumentare le
imposte. Dobbiamo attrarre capitali stranieri e questo è possibile solo
con un piano robusto per la sicurezza nazionale». Carismatico e molto
amato dai suoi, Obrador ha limitato al massimo l’uso di scorte e si è
mescolato con la folla, lo si visto imbottigliato nel traffico di Città
del Messico con la gente che scendeva dalle auto per scattare selfie con
lui. Per i suoi detrattori si tratta di un populista poco preparato, ma
per la maggior parte dei messicani rappresenta una speranza rispetto al
degrado dell’attuale classe dirigente. Domani gli verrà consegnato un
«bastone del comando» da parte dei rappresentanti delle etnie indigene
messicane. Poi, davanti al Congresso, attenderà l’arrivo del presidente
uscente Enrique Pena Nieto di ritorno dal vertice del G20 di Buenos
Aires. Tra le prime sfide sul tavolo ci sono i rapporti commerciali e
politici con gli Stati Uniti di Trump e la questione dei migranti
centroamericani fermi da settimane a Tijuana in attesa di un visto per
gli Stati Uniti.