venerdì 23 novembre 2018

La Stampa 23.11.18
Lega in ascesa continua
Primo partito in Emilia ora sfonda anche al Sud
di Fabio Martini


C’è qualcosa di antico, anzi di nuovo nell’irresistibile escalation della Lega guidata da Matteo Salvini. Lo raccontano non tanto i soliti sondaggi nazionali, ma elaborazioni più chirurgiche, più riservate. Dentro rilevazioni che confermano una tendenza oramai «antica» - la tenuta delle intenzioni di voto per la Lega sopra il 30 per cento - numeri altrettanto sorprendenti riguardano l’Emilia Romagna e la Toscana, dove la Lega è diventato, sia pure virtualmente, il primo partito, superando così il Pd, estenuato erede di una tradizione per decenni egemone da quelle parti; l’onda lunga nazionale trascina il partito di Matteo Salvini attorno al 50 per cento in Veneto, mentre al Sud il Carroccio sta diventando in alcune zone il secondo partito alle spalle dei Cinque Stelle.
Le due Italie
Numeri impressionanti perché consolidati in un arco di tempo limitato (sette-otto mesi), eppure questa ascesa così impetuosa, si è rallentata per effetto di un germe che potrebbe insidiare l’ulteriore escalation: in tutto il Nord c’è un tessuto di imprenditori, piccoli e grandi, partite Iva, artigiani che guarda con crescente sospetto ai Cinque Stelle. Dice Alessandra Ghisleri, leader di Euromedia Research, un istituto che lavora sempre con campioni importanti: «Lega e Cinque Stelle rappresentano due Italie diverse, l’Italia del lavoro e quella assistenziale. In questo momento gli imprenditori del Nord guardano con attenzione al progetto di Salvini di allagare il consenso al Sud, ma vogliono meno tasse e più crescita: seguire troppo l’alleato di governo potrebbe essere penalizzante per il Nord…».
Rallentamento al Nord
Penalizzante al punto da inibire la crescita del Carroccio? «Se nella impetuosa crescita della Lega un’increspatura c’è - dice Roberto Weber, capo di Ixè - questa riguarda il Nord e non il Sud. È al Nord che c’è la ricchezza, è al Nord che potrebbero consolidarsi le incertezze verso il governo».
Per il momento sono stati proprio i sondaggi nazionali la ragione principale della conflittualità permanente tra i due alleati di governo. Le elezioni del 4 marzo avevano conferito ai Cinque Stelle il 32,7% e alla Lega il 17,4%: questo significa che il peso dei due partiti, in un’ideale «torta» era diviso al 65,4% per i pentastellati e il restante 34,1% ai leghisti. Ora quel rapporto si è invertito per effetto di numeri che parlano da soli: dall’iniziale 17,4% la Lega sarebbe passata al 32,7%, per Ipsos al 34,7%, per Euromedia al 31,3%. Contestualmente i Cinque Stelle sono segnalati da Ipsos al 28,7%, da Euromedia al 26,7% e da Swg addirittura al 26,4%, poco sopra la percentuale ottenuta alle Politiche del 2013.
La scommessa del Sud
Dentro queste dinamiche nazionali, i diversi territori rispondono in modo diverso. Molto significativa la stima di Alessandra Ghisleri sulla Circoscrizione 2 delle Europee, che comprende Veneto, Friuli, Trentino Alto-Adige, Emilia Romagna: «In questa area del Paese la Lega sta tra il 45 e il 48%, anche se l’ incremento relativo più significativo si registra nelle regioni rosse, Emilia e Toscana. Mentre il progetto è quello di diventare un partito nazionale con percentuali alte in tutta Italia. Anche al Sud».
Una vocazione nazionale, in parte sudista e soprattutto l’alleanza con i pentastellati possono rallentare la crescita leghista in un’area strategica come il Nord-Ovest? «L’alleanza con i Cinque Stelle, che mostrano tanta buona volontà ma una evidente incapacità - sostiene il “moderato” Giacomo Portas, deputato torinese del Pd con un passato nel campo dei sondaggi - da ora in poi può incidere sulla crescita ulteriore della Lega, finora protagonista di un boom di consensi davvero eccezionale. Alla lunga la Lega rischia di non reggere e di pagare elettoralmente una diffusa strategia del No. Per dirne solo una: il 4 marzo in Val di Susa ha vinto Salvini, mica i No Tav».