La Stampa 19.11.18
Luis Sepúlveda
“Coraggio e fantasia: la sinistra deve ispirarsi a Gramsci”
intervista di Carlo Grande
Luis
Sepúlveda faceva parte della scorta di Allende, il golpe dell’11
settembre 1973 l’ha marchiato a fuoco. Ha conosciuto la dittatura, la
galera, l’esilio, ha tenuto in tasca l’orribile «passaporto bianco»
dell’apolide. Dopo il vis-à-vis con la cruda realtà e il fascismo,
continua ancora a combattere e a scrivere fiabe. Ha molti nipoti, «Sei!»
dice sorridendo.
L’ultima a solcare i mari della letteratura, la
Storia di una balena bianca raccontata da lei stessa (Guanda), è una
sorta di prequel di Moby Dick. Ma soprattutto l’occasione per mettere in
scena un animale ribelle, un leggendario difensore di balene: «La
leggenda è una forma di spiritualità», dice. «Le fiabe sono un genere
letterario per tutti, non solo per i bambini. E sono una grande
metafora, che permette di umanizzare gli animali e capire meglio gli
umani. Inoltre amo la scrittura con una grande dose di poesia».
«Si
racconta - scrive Sepúlveda - che il 20 novembre 1820 nelle acque
dell’Oceano Pacifico, lungo la costa del Cile, davanti all’Isola Mocha,
un grande capodoglio bianco attaccò e affondò la baleniera Essex,
salpata dal porto di Nantucket, nell’Atlantico settentrionale, quindici
mesi prima del naufragio. Si racconta che l’enorme capodoglio bianco
attaccò la Essex perché i ramponieri avevano ucciso una balena femmina e
il suo piccolo. Si racconta che furono necessarie varie navi per
riuscire finalmente a catturare il grande capodoglio bianco chiamato
Mocha Dick […]. La testimonianza dei superstiti della Essex,confermata
dagli altri balenieri che avevano visto il grande cetaceo, permise
qualche tempo dopo a un doganiere di nome Herman Melville di scrivere
Moby Dick».
Sepúlveda, è un omaggio a Melville?
«Indirettamente. Nel suo capolavoro, da lettore, mi è sempre sembrato che qualcosa non fosse abbastanza presente: la balena».
La sua balena è consapevole e combattente.
«Sì,
da quieto abitante del mare, dopo aver conosciuto gli umani (l’unica
specie che fa guerra ai propri simili), rompe il silenzio e si ribella.
Vede le baleniere e gli arpioni, dialoga con un bambino della Gente del
Mare, i Lafkenche, che trattano le balene con rispetto, che hanno un
patto con loro».
ILafkenchesono di etniamapuche: cosa succede agli indigeni «sotto il cielo grigio del Sud del Mondo»?
«Il
genocidio e la guerra continuano: pochi giorni fa è stato ucciso a
sangue freddo dalla polizia cilena un giovane attivista, Camillo
Catrillanca. Oggi i Mapuche sono quasi il 20 per cento della popolazione
cilena, chiedono la restituzione delle terre che appartenevano loro da
sempre. L’unica risposta dello Stato cileno è la repressione. Ma sono un
popolo resistente, continueranno a combattere».
A cosa bisogna ribellarsi oggi?
«Al
conformismo, al pensiero che le profonde ingiustizie del sistema
neoliberista - milioni di persone abbandonate alla miseria e a una vita
precaria - siano normali. La precarietà del lavoro e del salario, della
pensione, dell’educazione e della sanità non sono normali. È il sistema
economico che non funziona. La grande sfida è immaginarne uno migliore.
Pensare che il mercato sia un grande regolatore, che più libertà di
mercato significhi più democrazia, è sbagliato. Crescono non gli
interessi generali, ma quelli di una minoranza».
A proposito, come sta la sinistra?
«Dopo
il crollo del muro di Berlino ha perso in parte i riferimenti. Deve
rinnovarsi, affrontare nuovi problemi senza le vecchie ricette. Contro
la speculazione economica l’arma dello sciopero è debolissima, come gli
Stati. La sinistra mondiale deve fare uno sforzo immaginativo, elaborare
un progetto di riforma e appellarsi al popolo: nuove idee e più
partecipazione. Gramsci era l’intellettuale più attivo e coraggioso di
tutta la sinistra: non era disciplinato, aveva una curiosità enorme,
lottava contro l’indifferenza».
Domani [oggi per chi legge, ndr]
lei tornerà nella città di Gramsci [ride]. ConosceSantiago, Italia, il
documentario di Nanni Moretti sull’ambasciata italiana nei giorni del
golpe, in programma al Torino Film Festival?
«Non lo sapevo. Ho
una grande ammirazione per Nanni Moretti e sono molto curioso. La
prossima generazione dovrà lottare per la giustizia sociale, ma dovrà
avere la capacità di uno sforzo rivoluzionario e immaginativo».
Come vede il futuro?
«Con
grande speranza: i giovani sanno scendere in strada a protestare e
trasformarsi in movimento. In Germania crescono i nuovi Verdi, in loro
vedo il desiderio di fare una politica seria, di lungo periodo, con
responsabilità pubbliche».
Più onestà e più concretezza?
«Essere
di sinistra significa essere onesti. Come Mujica, che quando è
diventato presidente dell’Uruguay ha avuto la saggezza e l’onestà di
spiegare al popolo di essere contro il capitalismo ma di non avere
ricette facili o populiste. La rivoluzione è un bellissimo sogno, ma
bisogna essere concreti. L’unica forma per manifestarsi uomo di sinistra
è avere un’etica rigorosa, così la vedo anche per me stesso. Altrimenti
sarei solo un ciarlatano».