La Stampa 14.11.18
“Per bucarmi bastano solo due euro”
Tra i ragazzi dello “zoo” di Milano
di Monica Serra
«Volevo
sentirmi grande. Bucarmi era più forte di me, mi sentivo importante.
Poi sono finito in strada. Su e giù con la metro a elemosinare qualche
moneta per pagare una dose. Mi “facevo” una volta all’ora. Venivo a
bucarmi piangendo». Fabio, vent’anni, ha appena scoperto di avere
l’Aids. Maglia nera e jeans, un ragazzo come tanti. Accanto c’è la
fidanzata, da poco maggiorenne, sta per prendere il treno per tornare a
casa. «Lei è pulita, viene qui a trovarmi. È l’unica che mi è sempre
stata accanto». Quando è finito in ospedale i genitori lo hanno ripreso
in casa. «Ho smesso col metadone - accenna un sorriso - e non mi
“faccio” più quanto prima. Vengo solo la domenica». Poi si ferma,
sospira. «Tutta la settimana aspetto questo momento».
La stazione
di Rogoredo è a due passi dal parco della morte, la più grande piazza di
spaccio d’Europa, 15 minuti di metropolitana dal Duomo. Mille clienti
al giorno, molti dei quali minorenni, «che nessun muro può fermare».
Hanno 14, 15, 17 anni, «i ragazzi dello zoo di Rogoredo». Figli di
persone perbene, come Fabio. Operai, insegnanti, medici, ingegneri e
farmacisti. Si avvicinano alla droga con gli amici, a scuola. Perché «se
non lo fai sei sfigato», perché «devi» provare. «Poi il passaggio
all’eroina è sempre più veloce: nel giro di un’estate si trasformano»,
dice Simone Feder, responsabile dell’area dipendenze della Casa del
giovane di Pavia, l’unica in Lombardia con una comunità per adolescenti
con tossicodipendenza certificata. E i dati lo dimostrano. Secondo uno
studio del Cnr sono 320 mila gli adolescenti che hanno assunto eroina
almeno una volta nell’ultimo anno. In un decennio i giovani consumatori
sono aumentati del 36% e l’età media del primo contatto con la sostanza
si è abbassata da 18 a poco più di 14 anni.
I post-Millennials
della «Generazione Z» non hanno conosciuto gli effetti devastanti
dell’eroina negli Anni 70 e 80 e ora rischiano di perdersi. «Ho visto
madri in lacrime accompagnare ragazzine a Rogoredo. Genitori disperati
che non vedono i figli da giorni e vengono qui ad appendere foto e
appelli sugli alberi. Sono mamma anch’io e mi piange il cuore». La voce
di Roberta tradisce la sua fragilità. Ha 32 anni, una bambina di 12
affidata alla nonna, si droga da 7. «Vorrei uscirne. Vengo qui una volta
al giorno, un paio d’ore, poi vado via». Nel tempo ha visto cambiare la
«popolazione» di Rogoredo: «Su 10 che entrano, 4 sono ragazzini.
Arrivano con lo zaino di scuola, ascoltano musica, fumano la “roba” con
la stagnola, in mezzo allo schifo, come nulla fosse». Trascorrono il
tempo quasi come farebbero in un parco normale. Ma a Rogoredo niente lo
è. «C’è chi vende ogni cosa per “farsi”. Rubano i vestiti a chi va in
overdose. E le ragazzine si prostituiscono per 5 euro».
Ne bastano
2 per una «punta» di eroina. «La droga è tagliata con ogni cosa:
stricnina (veleno per topi), paracetamolo e altre schifezze». Si è
salvato per miracolo Ivan, 31 anni, la faccia segnata da 14 di
tossicodipendenza. Preferisce parlare lontano da Rogoredo. Come molti
fantasmi del boschetto trascina la gamba destra: «mi sparavo la roba
all’inguine. Sono finito in ospedale con una trombosi, mi hanno detto
che rischiavo di perdere la gamba».
È una roulette russa,
Rogoredo: 11 morti per overdose a Milano da inizio anno. «Il confine tra
la vita e la morte è solo questione di fortuna. Sono i nostri figli,
dobbiamo dargli una speranza. Non possiamo arrenderci all’idea che siano
perduti. Non possiamo abbandonarli», ripete Simone Feder. Con i suoi
collaboratori prova ad avvicinare i ragazzi attorno al parco della
morte. «Questo dramma riguarda tutti noi. Non possiamo più voltarci
dall’altra parte».