il manifesto 14.11.18
Virginia Raggi «esautorata», Salvini detta legge a Roma
Polizia etnica. Da quando il leader leghista è ministro dell’interno, nella capitale sono raddoppiati gli sgomberi
di Giuliano Santoro
«Ordine
e sicurezza» esclama Matteo Salvini dopo lo sgombero del Baboab.
«Vogliamo riportare la legalità a Roma quartiere per quartiere»,
prosegue il ministro dell’interno. Che associa la vicenda del centro di
accoglienza autogestito alla storia delle occupazioni abitative che da
mesi promette di cancellare. «Faremo altri 27 sgomberi. Non ci
fermeremo: intendiamo passare dalle parole ai fatti». Se non si tratta
di una sfida, senza dubbio siamo davanti ad uno sgarbo istituzionale, ad
una manovra che mette in difficoltà Virginia Raggi. La sindaca di Roma,
a pochi giorni dall’assoluzione, rimane invischiata nei fantasmi
securitari che lei stessa ha contribuito ad evocare. Vediamo perché.
Siamo
al 7 novembre scorso, soltanto una settimana fa. Si celebra il rito
dell’ennesimo tavolo per la sicurezza e l’ordine pubblico. Raggi si
presenta dal prefetto, Salvini si tiene informato a distanza. Il vertice
serve ad aggiornare l’elenco, ormai ufficiale, che classifica la
priorità degli sgomberi. Dal Viminale hanno provveduto ormai due mesi
prima a modificare la circolare emanata da Minniti, che dava il via
libera agli sgomberi ma almeno prevedeva che alle persone gettate in
mezzo alla strada fosse offerta una qualche alternativa. Salvini
velocizza il tutto, intasca il successo mediatico e scarica il peso dei
conflitti sulle amministrazioni locali. Per questo la linea della
tolleranza zero comincia a traballare di fronte a difficoltà oggettive.
Negli uffici del Campidoglio cominciano a rendersi conto che nei palazzi
occupati abitano migliaia di persone. Anche il vicesindaco Luca Bergamo
solleva dubbi, di natura più politica che tecnica, sull’opportunità di
andare al muro contro muro definitivo contro i movimenti di lotta per la
casa. Da Roma si prova a rallentare.
Proprio Baobab si trova al
centro di un caso che dimostra le difficoltà dell’amministrazione
grillina. Due settimane, fa le associazioni della Rete legale per i
migranti in transito (composta oltre che da Baobab Experience da A Buon
Diritto, da Consiglio Italiano per i Rifugiati e da Radicali Roma)
scrivono all’assessora alle politiche sociali Laura Baldassarre, la
quale ha annunciato che ci sono 120 posti a disposizione per
l’accoglienza. Si tratta delle fantomatiche «casette Ikea», moduli
abitativi montabili prodotti dalla nota multinazionale svedese e gestiti
dalla Croce Rossa in una struttura che si trova a via Ramazzini, al
quartiere Portuense.
Sono strutture di bassa soglia, destinate a
situazioni marginali e ad emergenze estreme. Il Comune di Roma non
immagina che altre figure possano avere bisogno di un ricovero. Eppure,
quelli di Baobab protestano con l’assessora, raccontano che sia le
richieste di collocazione per i casi più delicati che i tentativi di
sistemare un po’ di gente per evitare sgomberi drammatici vengono
costantemente ignorati. Denunciano che «oltre 180 persone pur avendo un
titolo di soggiorno, sono fuori dai circuiti di accoglienza
istituzionali». Tra di essi ci sono 104 titolari di status di rifugiato,
protezione internazionale o umanitaria e una cinquantina di richiedenti
asilo. La lettera smuove qualcosa, parte un timido dialogo, il comune
si muove. Per questo l’accelerazione improvvisa e lo sgombero
festeggiato da Salvini appaiono ancora di più come uno sgarbo ulteriore
all’amministrazione Raggi.
Va detto che la ruspa di Salvini non
incontra ostacoli, anzi viaggia a tutto spiano, a causa della mancanza
di strategia complessiva della giunta grillina. Sulla casa, Raggi poteva
accettare di spendere i 200 milioni di euro stanziati da una delibera
regionale sull’emergenza abitativa. Invece ha preferito con l’assessore
al patrimonio Rosalba Castiglione, tener bloccati quei quattrini pur di
non riconoscere, come faceva la Regione Lazio, un posto in graduatoria
ai nuclei familiari provenienti da occupazioni. Per non parlare dei
campi rom. Dopo mesi passati a prometterne il «superamento», Raggi ha
sgomberato uno dei pochi insediamenti ad alta scolarizzazione, il
Camping River, sfidando peraltro (di nuovo supportata dal manipolatore
Salvini) una richiesta di moratoria proveniente dalla Corte per i
diritti umani di Strasburgo.
La gran parte degli sgomberi si
limita a colpire le tante piccole baraccopoli che costituiscono gli
insediamenti informali, producendo l’unico risultato di far vagare masse
disperati da una parte all’altra della città. Gli sgomberi dei primi
dieci mesi del 2018 riguardano 1100 persone in tutto, la metà dei quali
sono minorenni. Ancora una volta, i numeri dicono che l’insediamento del
governo gialloverde ha impresso una direzione ben precisa alle
politiche comunali. «Prima che Salvini diventasse ministro dell’interno –
ragiona Carlo Stasolla dell’Associazione 21 Luglio – Si contavano 2,4
sgomberi al mese. Poi la media è quasi raddoppiata: si è arrivati a
4,6».