La Stampa 13.11.18
Israele, un treno per unire il Medio Oriente
Così la diplomazia su rotaia isola Teheran
di Rolla Scolari
Israele
vuole costruire una ferrovia che colleghi le sue coste ai Paesi arabi
del Golfo, lanciando un’idea che ha radici nel passato della regione.
Prima della costruzione della linea che andava da Damasco a Medina, i
fedeli musulmani viaggiavano in cammello anche 40 giorni nel deserto per
raggiungere i luoghi sacri all’Islam per l’annuale pellegrinaggio. Poi,
nel 1900, il sultano ottomano Abdülhamid II chiese aiuto a tutto il
mondo islamico: avrebbe costruito una ferrovia. Il treno non sarebbe mai
arrivato alla Mecca, ma a Medina, nell’attuale Arabia Saudita. Nel
1908, il tragitto per i pellegrini si era accorciato a soli cinque
giorni.
Resta poco oggi di quelle rotaie che rappresentarono per
gli ottomani anche uno strumento economico, politico e sociale. Non è un
caso infatti che quella ferrovia fu attaccata da Lawrence d’Arabia e
dai suoi seguaci durante la rivolta araba del 1916-1918. Fu l’inizio
della sua fine. Il resto dello smembramento continuò durante il primo
conflitto mondiale, fino alla Guerra dei sei giorni tra le armate arabe e
l’esercito israeliano. Ed è proprio Israele che, nel tentativo di
creare un’alleanza senza precedenti con monarchie, sultanati ed emirati
arabi sunniti, resuscita in questi mesi l’idea di qualcosa di molto
simile alla storica ferrovia dell’Hijaz, dal nome della parte
nord-occidentale della Penisola araba.
È inedito che un ministro
israeliano sia invitato a una conferenza in uno dei Paesi del Golfo.
Yisrael Katz, responsabile dei Trasporti (e anche dell’Intelligence), è
stato in Oman dal 6 all’8 novembre per partecipare a un summit sulla
viabilità regionale. A Muscat ha presentato un progetto annunciato oltre
un anno fa, in favore del quale il bilancio nazionale israeliano del
2019 ha già stanziato oltre 4 miliardi di dollari. Si chiama «I binari
della pace regionale», il suo obiettivo è creare un’arteria commerciale
che dal porto di Haifa attraverso Israele, i Territori palestinesi –
includerebbe una stazione a Jenin –, la Giordania entrerebbe in
territorio saudita.
Il tragitto, saltando la Siria in guerra,
ricorda molto la storica ferrovia ottomana. «Oltre al contributo
all’economia israeliana, alle economie giordana e palestinese,
l’iniziativa collegherà Israele economicamente e politicamente alla
regione, e consoliderà il campo dei pragmatici». I pragmatici sembrano
essere oggi quegli attori regionali che, sebbene non esista tra loro e
Israele un Trattato di pace, aprono a una lenta e poco pubblicizzata
normalizzazione in questioni economiche e sportive, di cui si intuiscono
i primi segnali.
Pochi giorni fa, il viaggio del premier Benjamin
Netanyahu in Oman ha stupito. Anche la responsabile dello Sport, Miri
Regev, è stata in visita ad Abu Dhabi per un torneo di judo durante il
quale, in seguito alla vittoria dell’atleta israeliano, per la prima
volta è stato eseguito l’inno nazionale in un Paese arabo senza
relazioni formali con Israele. Poco dopo, il ministro delle
Comunicazioni Ayoub Kara ha partecipato a una conferenza a Dubai. Da
mesi, si parla di una possibile svolta in arrivo da Riad nei confronti
del governo israeliano, sostenuta dall’Amministrazione Trump in funzione
anti-Iran. E uno degli scopi di una ferrovia tra il Golfo e Haifa,
porto che da quando la Siria è in guerra accoglie ogni anno 5.000 camion
turchi sulla via della Giordania e dell’Arabia Saudita, sarebbe anche
quello di aggirare la dipendenza regionale dal fondamentale snodo dello
stretto di Hormuz, che divide le coste della Penisola arabica dall’Iran,
e che Teheran spesso minaccia di bloccare.
Il ministro Katz
sostiene che il progetto sia stato condiviso con Stati Uniti, Egitto e
Giordania e altri Paesi arabi non specificati. Che l’idea sia già stata
portata all’attenzione di governi della regione senza relazioni con
Israele lo racconta non soltanto il viaggio a Muscat. Nel dicembre 2017,
pochi giorni dopo il controverso annuncio dell’amministrazione Trump di
trasferire l’ambasciata americana da Tel Aviv a Gerusalemme, Katz ha
rilasciato un’intervista senza precedenti, perché a un media saudita. A
Elaph, sito edito a Londra, aveva spiegato in dettaglio il progetto:
«Non si tratta di un sogno. Può essere realizzato, in presenza di una
volontà politica».