La Stampa 13.11.18
Il presidente della Romania:
“Non siamo pronti a guidare l’Ue”
di Emanuele Bonini
Europa,
indietro tutta. La Romania non è pronta a guidare i lavori del
Consiglio Ue dal prossimo primo gennaio, come invece dovrebbe e come
tutti di conseguenza si aspetterebbero.
Il presidente della
repubblica, Klaus Iohannis, gela così in un colpo solo sia compatrioti
sia partner: l’esecutivo non è all’altezza, e assumere le redini
dell’agenda a dodici stelle in queste condizioni non è sostenibile.
«Ritengo che non siamo pronti, e che vada posto rimedio a questo
incidente, il governo Dragnea-Dancila». La crisi politica a Bucarest
minaccia contagi nelle altre capitali, a cominciare da quella dell’Ue.
In
Consiglio, il consesso europeo rappresentativo degli Stati membri
dell’Unione Europea, ogni Paese per sei mesi ha la presidenza di turno.
Il semestre gennaio-giugno 2019 è quello romeno da calendario
comunitario, stilato, va detto, con larghissimo anticipo, tanto è vero
che sono già fissate le presidenze di turno fino al 2030. Bucarest non
poteva non sapere, ma a incidere sono le vicende interne. Victor
Negrescu si è dimesso da ministro per gli Affari europei due giorni fa,
lasciando il Paese senza responsabile per la preparazione del semestre.
Che, a giudicare dalle parole di Iohannis ,non si farà.
La bocciatura
«La
presidenza del Consiglio dell’Ue è una posizione estremamente
onorevole, una posizione molto impegnativa, soprattutto per il governo.
La mia opinione è che non siamo pronti per questo». Da Iohannis, (Pnl,
affiliato al Ppe), giunge una bocciatura dell’esecutivo rosso-azzurro di
socialisti e liberali (Pse e Alde) e l’invito a nuove elezioni. Una via
che penalizzerebbe ancora di più il Paese, per i tempi di stop che il
processo democratico imporrebbe ai preparativi di una presidenza di
turno Ue mai così travagliata.
Bucarest rischia una brutta figura
mai vista in Europa, e probabilmente l’ha già maturata. Non più tardi di
due settimane fa il commissario per la Giustizia, Vera Jourova,
confidava alla stampa estera di attendersi dai romeni «una presidenza
senza intoppi, senza risentimenti delle problematiche interne».
Così
non è, a quanto pare. E oggi a Strasburgo l’Aula del Parlamento discute
la relazione sulla violazione dello stato di diritto in Romania. I
principali gruppi (Ppe, S&D, Alde e Verdi) la sostengono, e la
censura politica «made in Ue» è annunciata. Non certo il massimo per i
prossimi presidenti di turno che verranno. Forse.