Il Fatto 13.11.18
Altro che Hillary, è l’ora della candidata afro
Kamala Harris - Casa Bianca, la senatrice democratica potrebbe correre nel 2020 contro Trump
di Giampiero Gramaglia
Anche
negli Stati Uniti, il Partito democratico ha qualche difficoltà a
liberarsi del suo passato, che ha il volto di Hillary Clinton, candidata
alla Casa Bianca battuta da Donald Trump nel 2016, e a guardare al suo
futuro, che avrà probabilmente il volto di un’altra donna, magari Kamala
Harris, senatrice della California. Gli aspiranti alla nomination 2020
sono almeno una dozzina, soprattutto donne.
Kamala Devi Harris, 54
anni, giurista di formazione e sposata con un avvocato, madre indiana
d’origine e padre giamaicano d’origine, ha il mix dell’America delle
diversità che ha conquistato molti seggi nelle elezioni di midterm. Ma
ha pure l’esperienza e la concretezza che a molte donne della onda rosa
democratica ancora mancano.
Lei, che è di Oakland, appena a nord
di San Francisco, rappresenta al Senato la California, insieme con
Dianne Feinstein, 85 anni. Se scenderà in lizza per la nomination dovrà
vedersela con rivali più liberal, come la senatrice del Massachusetts
Elizabeth Warren, più anziana di lei di 15 anni, o più vicine
all’establishment, come sarebbe Hillary, senza contare le improbabili a
vario titolo, ma amatissime, Oprah Winfrey e Michelle Obama. Dell’ex
first lady di Barack Obama è un fan sfegatato Michael Moore: secondo il
regista, solo lei può impedire che Donald Trump sia rieletto.
In
corsa potrebbe esserci di nuovo la Clinton, molto più liberal e vicina
alla sinistra, cavalcherà il movimento #metoo e si batterà per una
stretta sulle armi.
Harris non ha la storia di Hillary, ma questa
appare più una chance che un handicap. Ha studiato in buone università,
prima di intraprendere una carriera in magistratura fino a essere eletta
nel 2003 procuratore distrettuale di San Francisco e nel 2010
procuratore generale della California: è stata la prima donna, ma anche
la prima afro e asio-americana in quel ruolo. Nel 2016 si candida al
Senato per succedere a Barbara Boxer, che si ritirava dopo quattro
mandati, 24 anni. In giugno, è la più votata nelle jungle primaries
della California, cui partecipano candidati di tutti i partiti e che
fanno accedere alle elezioni i due più votati. L’8 novembre batte, con
il 62,5% dei suffragi, Loretta Sanchez – sono le prime elezioni
senatoriali della storia della California senza candidati repubblicani
–. Quest’autunno, l’America ha cominciato a conoscerla: come senatrice
della Commissione Giustizia, è stata una delle più determinate
antagoniste della conferma del giudice Brett Kavanaugh alla Corte
Suprema: una battaglia persa, ma che le è valsa la lettera bomba
recapitatale a ottobre.