domenica 4 novembre 2018

Il Sole 4.11.18
La crisi dello spirito americano
Stati Uniti. È quella che, secondo Allen Frances, impersona Trump: inneggia alla grandezza della nazione ma agisce in modo opposto a quel che serve
di Massimo Teodori

Il crepuscolo di una nazione. L’America di Trump all’esame di uno psichiatra
Allen Frances Bollati Boringhieri, Torino

Negli Stati Uniti le elezioni di mid term servono anche per tracciare un bilancio di come ha governato il Presidente eletto due anni prima. Se è positivo, il suo partito contiene le perdite che di solito si registrano nelle elezioni di mezzo; se negativo, la seconda parte del mandato presidenziale ne esce indebolita e l’esecutivo diviene una cosiddetta “anatra zoppa”. Martedì, 6 novembre, anche Donald Trump sarà sottoposto al giudizio degli elettori chiamati alle urne per scegliere tra una miriade di candidati locali, statali e federali, repubblicani o democratici.
Quest’anno la prova elettorale si presenta come un bivio decisivo perché se si risolverà in un altro successo repubblicano, significherà che l’ascesa alla Casa Bianca di un personaggio così anomalo non è stata una semplice parentesi; se invece il partito del Presidente perderà la maggioranza in almeno una Camera, vorrà dire che, accanto alle inchieste giudiziarie, in Congresso si metterà in moto la procedura per la rimozione.
In centinaia di libri, migliaia di giornali e trasmissioni televisive è stato sollevato l’interrogativo di come mai sia stato eletto un Presidente tanto ignorante, arrogante e inadeguato; ed è stato avanzato il sospetto che Trump sia afflitto da disturbi psichici tali da rendere legittima l’interruzione della sua guida capricciosa della nazione con il ricorso al XXV emendamento della Costituzione che prevede la destituzione dall’incarico di persona inadatta a responsabilità istituzionali. Una risposta negativa a tale ipotesi viene ora fornita dal saggio Il crepuscolo di una nazione. L’America di Trump all’esame di uno psichiatra di Allen Frances secondo cui il Presidente è piuttosto il sintomo che non la causa delle malattie sociali degli Stati Uniti e del mondo intero: l’ambiente in via di distruzione; la bomba demografica; l’esaurimento delle risorse; le contraddizioni della medicina; il razzismo dell’America bianca; il Grande Fratello che ci controlla; e l’uso sconsiderato delle armi da fuoco. Con la sua ricerca condotta sul filo delle tecniche psichiatriche, l’autore individua nel narcisismo di Trump non solo la causa delle sofferenze di una parte della popolazione ma anche la fonte della sua fama, ricchezza, successo femminile e potere politico: «Trump è una minaccia per gli Stati Uniti, e per il mondo, non perché clinicamente pazzo, ma perché davvero pessimo».
Non è la prima volta che una corrente reazionaria e filo-razzista si afferma nella società americana conquistando vasti settori popolari. A metà Ottocento il movimento nativista know nothing fece leva sul ventre dei maschi bianchi protestanti scatenando una crociata contro l’immigrazione dei cattolici tedeschi e irlandesi accusati di organizzare un colpo di Stato papista. Alla fine degli anni trenta del ’900 fu lanciato lo stesso slogan America First oggi cavalcato da Trump su iniziativa del comitato presieduto dall’antisemita Charles Lindberg che si batteva affinché gli Stati Uniti abbandonassero i britannici in guerra contro Hitler.
Perfino Theodor Adorno negli anni del maccartismo diagnosticò che il successo della personalità autoritaria di Joseph McCarthy fosse dovuto al fascino da lui esercitato sugli americani analogamente a quello che aveva reso i tedeschi facili prede del nazismo.
Nella storia dell’America (e, aggiungiamo noi, d’Europa) spesso emerge un populismo che di volta in volta si presenta con caratteri contraddittori. Quello “vero”, sostiene Allen, dovrebbe essere al centro di qualsiasi buon governo che assicura i diritti e protegge i cittadini dall’avidità del potere delle élite. Il “populismo farlocco”, al contrario, fa perno sulla seduzione delle masse da parte di demagoghi che promettono qualunque cosa prima di ottenere il potere, mentre dopo non fanno altro che sfruttare la situazione, avviando spesso la democrazia alla tomba. Trump è l’esempio più evidente del “populismo farlocco” che garantisce il ritorno di un’età dell’oro mai esistita (Make America Great Again), demonizza il nemico islamico e l’immigrato ispanico contro cui vuole erigere un muro lungo tutta la frontiera con il Messico. Il suo governo fa largo uso del metodo consolatorio: niente avviene per caso, ogni cosa è collegata alle altre, e c’è sempre qualcuno cui dare la colpa. È la teoria del complotto che fornisce una semplicistica spiegazione della realtà, inventa un nemico da combattere, e chiama il popolo alle armi nella tradizione della destra radicale che con il tycoon newyorkese si è insediata alla Casa Bianca.
Al giorno d’oggi l’umanità è più che mai afflitta da fenomeni incontrollati quali il consumo dell’aria, dell’acqua e della terra causati sia dalla natura sia dall’uomo, disastri tutti che possono portare al collasso della nostra civiltà come è già accaduto in passato con altre civiltà che hanno goduto di una rapida ascesa. La psiche della prima nazione del mondo è afflitta da quella che Allen diagnostica come «la crisi dello spirito americano», impersonata dal Presidente. Mentre con dichiarazioni retoriche inneggia alla grandezza dell’America, Trump opera in senso opposto al modo in cui sarebbe necessario agire nell’attuale emergenza: nega il riscaldamento globale, incoraggia l’inquinamento, sostiene lo sfruttamento delle risorse energetiche, osteggia il controllo demografico, diffonde le armi da fuoco, incoraggia le diseguaglianze sociali, e calpesta i diritti civili. Il mondo avrebbe bisogno che gli Stati Uniti si mettessero insieme alle altre potenze, Cina e Unione Europea, per affrontare con una strategia multilaterale i mali planetari.
Siamo a un bivio: l’elezione a sorpresa di Trump potrebbe rappresentare il tramonto delle democrazie e la catastrofe ambientale su scala mondiale, oppure il segno che la febbre giunta al massimo del delirio collettivo sia sul punto di passare. Lo psichiatra conclude «È troppo presto per dire se la democrazia americana sopravvivrà all’attacco di Trump. Il presidente è uno sbruffone e un pagliaccio, ma ha dimostrato di non scherzare».