il manifesto 9.11.18
La guerra incivile americana
di Tommaso Di Francesco
Mentre
l’attenzione sull’America era rivolta alla sconfitta a metà di Trump
nel referendum di midterm, ecco che è subito strage. L’ennesima e
rituale: 13 morti in una sparatoria provocata da un ex marine in un bar
di Los Angeles, al ritmo di musica country. È il clima da Far West
profondo – bipartisan anche per le presidenze democratiche – che ora il
magnate della Casa bianca, schierato da sempre con la lobby delle armi –
sono 310 milioni le pistole e i fucili in mano ai cittadini americani
-, alimenta con nuovi provvedimenti sulla pistola facile, pronto ad
abolire le gun free zone, noncurante del movimento di giovani – target
delle sparatorie di massa scolastiche – che dice no alle armi. Un Trump
disposto ad armare ogni soggetto sociale coinvolto nei mass shooting,
insegnanti, rabbini, preti, piloti; e rivendicando il diritto alla
difesa, fondamento storico degli Stati uniti della frontiera.
È il
modello che, con la pistola facile, i facili porto d’armi, la
legittimazione a sparare per primi per «legittima difesa», il Taser
salvifico, avvia in Italia il governo giallo-verde del «contratto» con
l’ imprimatur del ministro razzistaleghista Salvini.
Ma vale la
pena riflettere. Visto che ogni anno le vittime di questa strage da armi
da fuoco sono negli Usa 38mila, il 60% suicidi, mentre il 36%, ben
11mila persone, sono state uccise: più di 300mila negli ultimi dieci
anni.
«Sono molti di più delle vittime del terrorismo», ha
ricordato Obama. Altro che 11 Settembre, insomma. Sono quasi le cifre di
una guerra civile a pezzi, come per l’allarme della deflagrazione di
una Terza guerra mondiale a fronte delle tante nostre «piccole» guerre
in corso. Ma non è una guerra civile a pezzi. Non solo perché la guerra
civile negli Stati uniti c’è stata e con due milioni di morti, ma almeno
per il motivo «nobile» di un conflitto sul modello di sviluppo. È la
barbara degenerazione armata della giustizia fai da te, confortata
dall’ideologia della sicurezza e della costruzione del «nemico». Una
barbarie tutta occidentale, stavolta: non c’è il jihadismo a seminare
terrore ma la quotidianeità alienata che si consuma di merci, nuova
tecnologia piena di promesse inconsapevoli e rapporti umani degradati.