il manifesto 8.11.18
Palestinesi in festa, eletta al Congresso Rashida Tlaib
Elezioni
Usa. Entusiamo a Beit Ur al Fouka, il villaggio d'origine della neo
parlamentare che assieme a Ilham Omar forma la coppia delle prime donne
musulman nel Congresso
di Michele Giorgio
GERUSALEMME
«Siamo felici per la nostra famiglia e per Beit Ur al Fouka. Dio darà a
Rashida la forza per svolgere bene il suo compito. E’ una donna forte e
coraggiosa, non ha esitato ad attaccare frontalmente Trump». Bassam
Tlaib ieri, rispondendo alle nostre domande, non riusciva a contenere la
gioia per l’elezione alla Camera dei Rappresentanti Usa di sua nipote,
Rashida Tlaib, che assieme a Ilham Omar, di origine somala, forma la
coppia delle prime donne musulmane che entreranno nel Congresso. «Siamo
stati in contatto con Rashida in questi giorni, è molto felice. A
gennaio, quando si insedierà ufficialmente, faremo una grande festa nel
villaggio e speriamo di rivederla al più presto». Le elezioni americane
di medio termine hanno portato una buona notizia alla piccola comunità
di Beit Ur al Fauka, meno di mille persone, e l’opportunità per una
rivincita sul più famoso villaggio gemello, Beit Ur a Tahta, dove a
distanza di 40 anni gli abitanti si vantano ancora di essere stati
determinanti per la conversione all’Islam di Cat Stevens. La speranza di
Bassam Tlaib è che sua nipote, oltre a svolgere il suo mandato al
servizio dei cittadini americani, porti al Congresso la voce della
Palestina e quella del villaggio colpito dalle politiche di Israele.
Situato ad ovest di Ramallah a ridosso della “linea verde” tra Israele e
Cisgiordania, Beit Ur al Fouka ha subito dopo il 1967 la confisca di
molte terre.
Grazie al successo di alcuni dei candidati proposti
dai Democratici, il Congresso è l’immagine, molto più che in passato,
della composizione sociale attuale degli Stati uniti. E le musulmane
Ilhan Omar e Rashida Tlaib, assieme alla giovane di origine portoricana
Alexandria Ocasio-Cortez, incarnano questo cambiamento. «Abbiamo
cambiato il corso della storia in un momento in cui pensavamo fosse
impossibile. Se continuerai a crederci, allora crederai sempre nelle
possibilità di qualcuno come me», ha dichiarato Tlaib alla Cbs
mostrandosi consapevole della svolta rappresentata dalla sua vittoria
elettorale. In Israele invece le cose si guardano con occhi ben diversi.
Il Congresso resta saldamente pro-israeliano ma da gennaio si potranno
ascoltare al suo interno voci diverse sul Medio oriente e la questione
palestinese. La cosa non preoccupa più di tanto il governo Netanyahu –
forte anche dell’alleanza di ferro con Donald Trump – ma in casa
israeliana si pensa alle elezioni future che potrebbero portare nel
Senato e nella Camera degli Usa molti più parlamentari che la pensano
come Tlaib. La neo parlamentare di recente è passata dal sostegno alla
soluzione a Due Stati (Israele e Palestina) a quella per lo Stato unico
democratico per ebrei e palestinesi, perdendo così l’appoggio di J
Street, un’organizzazione ebraica progressista ma ancorata ai Due Stati.
Tlaib peraltro vede con favore il taglio degli aiuti militari
statunitensi a Israele. L’altra parlamentare musulmana eletta Ilham
Omar, nata in Somalia ed eletta in Minnesota, riconosce il diritto dello
Stato ebraico di esistere ma descrive Israele come un «regime di
apartheid» colpevole di «azioni malvagie».
Il media israeliani
ieri davano un certo risalto anche lo spoglio delle schede elettorali
nel distretto di San Diego dove il repubblicano Duncan Hunter, travolto
assieme alla moglie da scandali e accuse di corruzione, era impegnato in
una battaglia all’ultimo voto con il democratico Ammar Campa-Najjar,
nato e cresciuto a Gaza e con il padre ex impiegato dell’Autorità
nazionale palestinese, che in più occasioni ha mostrato il suo
attaccamento personale e politico alla terra d’origine. Sarà da scoprire
anche la linea sul Medio oriente che avrà al Congresso Alexandria
Ocasio-Cortez che pur avendo di recente moderato il tono dei suoi
attacchi alle politiche di Israele continua a sostenere apertamente il
diritto dei palestinesi ad essere liberi ed indipendenti.