mercoledì 7 novembre 2018

il manifesto 7.11.18
“La nuova sinistra vuole Sanders alla Casa Bianca”
di Giulio Calella


Bahaskar Sunkara aveva solo 21 anni nel 2010 quando ha pensato di fondare la rivista Jacobin, coinvolgendo molti coetanei nell’ambizione di fare una rivista marxista ma non propagandistica, accurata ma non accademica, innovativa senza rimuovere il passato, con un linguaggio capace di dialogare anche con l’immaginario pop e arrivare a più persone possibili. Bhaskar Sunkara oggi è direttore ed editore di una rivista che è arrivata a contare circa 40 mila abbonati, che ha settanta gruppi di lettura in tutto il Paese.
Bhaskar Sunkara, qual è la situazione della nuova sinistra socialista Usa?
Una cosa è l’ampia mobilitazione a sostegno di Bernie Sanders che ha attirato molto e continua a galvanizzare grazie alle sue assemblee e comizi nelle città; poi ci sono le persone che si sono entusiasmate con i nuovi candidati alle primarie del Partito democratico che si auto-definiscono socialisti come Alexandria Ocasio-Cortez; e infine c’è quel che si muove all’estrema sinistra. La mobilitazione più ampia si riattiverà con la campagna a favore di Sanders per le presidenziali del 2020, che ha molte potenzialità di far crescere la sinistra in generale. Poi c’è la sinistra radicale, per lo più organizzata nei Democratic Socialists of America (Dsa).
Quanto è recente il fenomeno?
Quando, nel 2007, ho aderito a Dsa c’erano non più di cinquemila membri attivi. Oggi sono più di cinquantamila. Quindi c’è stata una crescita enorme. In questo momento negli Stati Uniti non ci sono dei veri e propri movimenti sociali, almeno per la definizione che ne do io. Black Lives Matter si è oggi in larga parte esaurito o si è spostato in una direzione egemonizzata dalle Ong. Il movimento femminista del #MeToo è importante e ha consentito a molte donne di ribellarsi a molestie e discriminazioni di genere, ma la mobilitazione è stata in larga parte mediatica. Vedremo se si riusciranno ad avere un maggior numero di azioni di lavoratrici intorno alle rivendicazioni del #MeToo, ma per ora non sono sicuro che sia un movimento sociale paragonabile a quelli che avete avuto in Europa o che esistono oggi in paesi come Brasile o India.
Negli Usa manca di una forte sinistra politica, che invece si sta affermando in Europa solo recentemente.
La storia della sinistra italiana mi sembra una storia di opportunità sprecate, sconfitte autoinflitte e fallimenti. Anche la sinistra statunitense ha fatto la sua parte di errori, ma abbiamo dovuto cimentarci con la classe dirigente più potente della storia e con l’eredità storica dell’assenza di partiti laburisti o socialdemocratici che abbiano rappresentato gli interessi del mondo del lavoro. Direi che in Europa ci sono nuovi spazi. Non credo nel populismo di sinistra come teoria, ma penso che ci siano aspetti della sua retorica popolare – come quelli utilizzati da Podemos in Spagna – che dovremmo prendere come esempio. Penso che serva anche una posizione credibile sull’Europa, avanzando critiche da sinistra alle istituzioni europee, in modo che la destra non finisca per presentarsi come la sola credibile forza di opposizione.
Con quali prospettive?
La sinistra non deve perdere la fiducia nella capacità dei lavoratori di lottare per la propria emancipazione. C’è ancora una working class, può ancora essere organizzata, ci sono ancora interessi comuni che la uniscono. La working class è cambiata, è stata frammentata, ma le intuizioni fondamentali del marxismo e del socialismo tengono ancora.
La versione integrale di questa intervista è pubblicata dalla rivista Jacobin Italia in uscita il prossimo 15 novembre e pubblicata anche da www.jacobinitalia.it