Corriere 7.11.18
«La sinistra vince se punta sul patriottismo»
di Viviana Mazza
Yascha
Mounk, politologo di Harvard, analizza l’effetto dei populismi sulle
istituzioni. «I pilastri costituzionali sono costantemente erosi da
Trump»
«La vittoria dei democratici alla Camera vuol dire tre cose
importanti: la prima è che Trump non potrà più dire che lui e solo lui
rappresenta il popolo americano. Secondo: i democratici potranno
bloccare molte iniziative legislative e impedire che abbia altri due
anni per cambiare questo Paese. Terzo: possono cominciare ad aprire
inchieste sulle sue possibili violazioni della legge». Yascha Mounk,
politologo di Harvard, ha analizzato la fragilità della democrazia
liberale di fronte al populismo nel suo libro «Popolo vs Democrazia,
dalla cittadinanza alla dittatura elettorale», temi di cui parlerà a
Milano, ospite dell’associazione «Reset Dialogues on Civilizations» il 9
novembre. I fan di Trump come giudicheranno questa elezione? «G li
scienziati politici hanno scoperto che tra gli americani c’è un consenso
sull’importanza della Costituzione e dello stato di diritto, ma che i
repubblicani non vedono quello che fa Trump come un attacco alla
democrazia. La mia paura non è che fra due o sei anni gli americani
dicano “Io me ne frego della Costituzione”. Piuttosto, temo che si
arrivi ad un punto in cui non esisteranno più istituzioni indipendenti,
Trump avrà preso sempre più potere, e tuttavia i suoi fan lo riterranno
il vero rappresentante del popolo, che ha reso il Paese più democratico.
È la retorica di Orbán in Ungheria e di Erdogan in Turchia che può
arrivare negli Stati Uniti».
La democrazia illiberale è ormai accettabile in America?
«L’idea
è: se io sono stato eletto e rappresento il popolo, allora perché la
Corte Suprema dovrebbe avere il potere di prendere decisioni che non mi
piacciono? Secondo questa visione, opporsi a una Fbi indipendente o ad
organi che possono ostacolare il presidente rende l’America più
democratica. Questa è l’argomentazione dei populisti ma non è la verità,
perché perdendo le tutele si riduce anche la possibilità di rimuovere
in modo democratico un presidente o un premier. Ma l’argomentazione dei
populisti è efficace: molta gente ci crede».
C’è stata un’erosione delle istituzioni democratiche con Trump?
«Assolutamente
sì. Innanzitutto sul piano retorico: Trump attacca tutti i giorni i
principi della democrazia liberale. Secondo: ci sono gli attacchi
d’intesa con i repubblicani, come in Georgia (migliaia di afroamericani
esclusi dal voto, ndr). Infine quelli nuovi, eclatanti: voler cambiare
lo ius soli con un ordine esecutivo è un attentato all’idea stessa di
repubblica costituzionale. E se i giudici nominati dai repubblicani alla
Corte Suprema cominciano a comportarsi da membri di una squadra
politica, Trump avrà corrotto una delle istituzioni più importanti che
dovrebbe limitare il suo potere».
Destra e sinistra Usa contrappongono due diverse visioni di patriottismo?
«C’è
l’idea di Trump di un’America definita dai vecchi privilegi, dove un
vero americano è bianco e forse anche maschio. Ora per la sinistra è
fondamentale decidere come parlare dell’America in un contesto di
ingiustizie razziali scioccanti e di lunga durata. Ci sono due risposte
possibili. La prima è quella di Obama: riconosciamo le ingiustizie, ma
diciamo anche che non definiscono cos’è l’America, il cui significato
sta nel superarle per realizzare i principi fondatori. Questa forma di
patriottismo inclusivo lo ha aiutato a vincere due volte. Ma un’altra
strategia, sempre più influente nella sinistra americana, è di dire, al
contrario, che le ingiustizie definiscono questa nazione, denunciando il
patriottismo americano come razzista e inaccettabile. Questa
sfortunatamente non è una strategia vincente. Se lasciano quel campo ad
altri, sarà la destra estrema che ha un patriottismo esplicito, a
guadagnarci ».
Il partito democratico vincerà nel 2020?
«Da
due anni dibattono come fare: c’è chi vuole mobilitare la base e chi
punta sui moderati come le donne bianche di periferia. Ma gli strateghi
sbagliano a credere che la base sia un gruppo molto a sinistra, dominato
da giovani donne di colore meno istruite, che in economia vuole il
socialismo e ha richieste culturali radicali su gender e sessismo. In
realtà questo gruppo non esiste. Ce ne sono due molto diversi: il primo
di attivisti ricchi, soprattutto bianchi, ben istruiti, più radicali;
l’altro di giovani donne di colore che vogliono un salario migliore,
l’assicurazione medica, ma a cui non interessano il socialismo né i
dibattiti culturali su Twitter. La sinistra vincerà se saprà mobilitare
tutti con un messaggio solo, basato sulle somiglianze anziché sulle
differenze».