il manifesto 4.11.18
Diecimila antifascisti in piazza contro Casapound
Trieste. Serpentone plurale con tanti italiani e sloveni. Dura polemica con il Comune di destra
di Emily Menguzzato
TRIESTE
In un insolito sabato d’autunno, Trieste si è svegliata
progressivamente blindata e in alcuni tratti deserta. I commercianti
hanno abbassato le serrande e tra i cittadini circolava un certo
malcontento. Nel primo pomeriggio la città si riempita di due anime
contrapposte, mentre il Comune invitava a rimanere «in casa fino alle
20».
Da un lato, in pieno centro, Largo Riborgo ospitava il raduno
nazionale di Casapound. Tra la folla, ancora limitata a qualche
centinaio di persone, dominava il colore nero. Al balcone di un palazzo
era appesa la scritta «Trieste Pro Patria» e, da lassù, alcuni esponenti
del partito neofascista hanno salutato la folla, sventolando le loro
bandiere. A breve sono arrivati alcuni bus che trasportavano altri
militanti provenienti da diverse parti d’Italia: in tutto meno di 2000,
alla faccia della «mobilitazione nazionale». Il corteo di Casapound era
pronto a partire, accompagnato dalla musica di Wagner.
DALL’ALTRO
LATO, in cima al colle di san Giacomo, anche il corteo antifascista si
stava preparando. L’atmosfera era più variopinta. Singoli, famiglie e
diverse istanze sociali. Più di 10.000 secondo i promotori. Riccardo
Laterza, in rappresentanza della rete Trieste Antifascista e
Antirazzista che aveva organizzato la manifestazione, ha aperto con un
intervento. «Viste le tante presenze anche internazionali, chiederei un
favore a chi ne è in grado: provate a riportare ai vostri vicini queste
parole, che dopo di me saranno lette anche in sloveno, in più lingue
possibili: facciamo in modo che questa sia una manifestazione di tutte e
di tutti».
PRESENTI, nel lungo serpentone antifascista, il mondo
culturale italiano e sloveno, il mondo sindacale, il mondo laico e
cattolico, il mondo femminista e il mondo Lgbt della città.
«Prendo
posizione contro questa scelta infelice sia da parte del sindaco che
del prefetto – ha dichiarato lo scrittore Pino Roveredo – Sono sollevato
perché ci sono molti giovani e vuol dire che c’è una presa di
coscienza». Stefania Grimaldi, presidente della Cooperativa La Collina
di Trieste, ha così motivato la sua presenza: «Noi rappresentiamo un
pezzo della cooperazione sociale, crediamo nei valori della convivenza,
dell’inclusione e dell’uguaglianza».
PRESENTE anche Antonio Parisi
della comunità Lgbt di Trieste. «Sono qui per accogliere nella maniera
più refrattaria possibile l’idea (e non tanto le persone) che gruppi
fascisti possano prendere in mano la città», spiega. Un unico momento di
tensione si è registrato quando alcuni esponenti di Potere al Popolo
hanno contestano i rappresentanti del Partito democratico, presente a
livello comunale, regionale e nazionale.
Dall’opposizione in
Comune sono scesi in piazza alcuni consiglieri, tra cui Sabrina Morena
di Sel. «Sono qui per difendere i valori della Costituzione e
dell’antifascismo e trovo indecente che si commemori così la prima
guerra mondiale: con un corteo fascista nel centro della città, al quale
è stata data più visibilità di quello antifascista», con una critica
esplicita al ruolo del Comune guidato dalla destra. Nel frattempo
Casapound è sembrata rallentare ma poi ha proseguito tagliando
perpendicolarmente via Carducci, luogo più vicino all’altro corteo. Non
si è sentita più la musica e i passi dei manipoli neofascisti hanno
continuato silenziosi e ordinatissimi, diretti verso il Giardino
pubblico. Ma nessuno ha più parlato del concerto previsto per la serata a
Fiume (Croazia).
NEL TARDO pomeriggio, Simone di Stefano di
Casapound ha dato il via al suo provocatorio e delirante comizio. «Di
certo noi oggi non siamo venuti qui per prendere voti… Siamo venuti qui
semplicemente per onorare il sacrificio di 600.000 e più italiani che
erano i nostri nonni e i nostri bisnonni che nella grande guerra si sono
battuti come leoni scrivendo col sangue i confini di questa nostra
nazione. Noi oggi siamo qui per celebrare una vittoria».
Qualche
centinaio di metri più in là, risuonava una voce opposta. «Mi chiamo
Lidia, nome di battaglia Bruna e ho fatto la staffetta partigiana a
Novara – ha raccontato Lidia Menapace- Io credo che il successo di
questa straordinaria giornata viene dal fatto che non siamo tutti in
cattedra a raccontare grandi valori, giudizi ed eroismi ma siamo davvero
popolo, tutti e tutte, giovani e meno giovani».