il manifesto 29.11.18
Approvato «Codice Rosso», priorità alla violenza domestica
Giustizia.
Il ddl firmato dai ministri Bongiorno e Bonafede velocizza l'iter
giudiziario per denunce di stupro, maltrattamenti e atti persecutori. Ma
continuano i tagli ai servizi sul territorio.
di Shendi Veli
La
violenza di genere non può aspettare. É affermato nel disegno di legge
«Codice Rosso» approvato ieri dal Consiglio dei Ministri. La misura,
annunciata dal premier Conte lo scorso 25 Novembre nella giornata
mondiale contro la violenza sulle donne, nasce dalla collaborazione dei
due alleati di governo. I primi due firmatari sono infatti la Ministra
della Pubblica Amministrazione Bongiorno, già impegnata nella lotta alla
violenza di genere con la fondazione «Doppia Difesa», e il ministro
della Giustizia Bonafede.
IL PROVVEDIMENTO modifica il Codice di
Procedura Penale in cinque punti. Ad esempio con la rettifica
dell’articolo 347 si estende ai reati di maltrattamenti, violenza
sessuale, atti persecutori e lesioni gravi, compiuti da parenti o
conviventi della vittima, l’obbligo per le forze di polizia di
trasferire con immediatezza la denuncia alla procura senza poterne
valutare l’ urgenza. Precedentemente la tempestività di queste
comunicazioni ai pm era invece arbitraria.
È IL RICONOSCIMENTO
dell’urgenza, come elemento imprescindibile nella trattazione dei casi
di violenza sulle donne, il principio che ispira tutto il disegno di
legge. Anche per le procure i tempi vengono ridotti . Infatti i pm
avranno adesso massimo tre giorni di tempo dalla ricezione della notizia
di reato per ascoltare e registrare la testimonianza della vittima.
Modificato anche l’articolo 370 del Cpp che ora impone alla polizia
giudiziaria di istituire un canale preferenziale per le indagini che
riguardano i reati sopracitati. Anche le forze dell’ordine sono
coinvolte dal provvedimento. Polizia e Carabinieri dovranno attivare
entro 12 mesi dall’entrata in vigore della legge dei corsi di formazione
per gli agenti, al fine di implementare le competenze utili ad
affrontare i casi di violenza e a relazionarsi con gli uomini
maltrattanti dentro gli istituti penitenziari.
SI TRATTERÀ DI UNA
MISURA a costo zero, al punto 5 del ddl viene specificato che
l’implementazione non dovrà comportare costi aggiuntivi. È proprio
l’assenza di fondi per il trattamento e la prevenzione della violenza di
genere uno degli elementi più contestati a questo governo dal movimento
eterogeneo che la scorsa settimana è sceso in piazza. In prima fila lo
scorso sabato a Roma c’erano centri anti-violenza, consultori e spazi
femministi che hanno espresso preoccupazione per la progressiva
riduzione dei finanziamenti pubblici per i servizi sul territorio. Ma
anche per l’attacco all’autonomia degli spazi femministi in molte città
dove Lega e M5S governano. Luoghi che costituiscono il primo rifugio
sicuro per tante donne, spesso migranti, che fuggono situazioni
violente.
«UN PROVVEDIMENTO opportuno» commenta la rete dei centri
anti-violenza DiRe «ma in contraddizione con altre misure del governo
come il dll Pillon. Invece è necessario un cambio della cultura
giuridica, servono politiche integrate e non interventi estemporanei».
Nel frattempo i fondi per i centri antiviolenza stanziati alle regioni
nel bilancio 2018 non sono ancora stati trasferiti. Mentre nella manovra
attuale si prevede un taglio di 500 mila euro all’anno al Fondo per le
pari opportunità, nel triennio 2019-2021.