il manifesto 27.11.18
Colonizzati dal Black Friday in un pianeta usa e getta
di Serena Tarabini
Il
consumismo è un fenomeno che comincia a farsi strada dopo la seconda
guerra mondiale, quando l’economia dei paesi industrializzati attraversò
un periodo di sviluppo senza precedenti per intensità, durata e
ampiezza. Un diffuso benessere economico, la cosiddetta «Età dell’oro»
che permise a una grande fascia di popolazione di accedere finalmente
anche ai beni secondari fornendo un’illusoria idea di democrazia del
benessere.
Il fenomeno si amplificò velocemente, diventò del tutto
normale possedere più del necessario, ineluttabile sviluppare ulteriori
bisogni: ed è così che siamo arrivati al punto, come faceva notare
Bauman che se si poneva la questione «se si lavorasse per vivere o si
vivesse per lavorare», il dilemma che più spesso si sente rimuginare
oggi è «se si abbia bisogno di consumare per vivere o se si viva per
consumare».
La viralità con cui il fenomeno americano del Black
Friday sta colonizzando anche i paesi europei può forse indicare una
risposta. Beni superflui sono diventati irrinunciabili, il loro
accapparramento da saltuario è diventato continuativo e poi compulsivo.
Inoltre il problema dei limiti dello sviluppo, la questione delle
conseguenze ambientali del consumo sfrenato, il fatto che una buona
fetta della popolazione non potrà mai raggiungere i livelli di consumi
portati avanti dal resto, per quanto sono temi che attraversano il
dibattito pubblico da decenni, non entrano ancora nelle agende
politiche.
Ed è soprattutto agli altrettanto devastanti aspetti
ambientali del consumismo senza limiti che ha voluto fare riferimento
l’azione di Greenpeace di venerdì, forse una delle poche iniziative
pubbliche contro il Black Friday, almeno in Italia: i suoi attivisti
hanno portato in una delle principali vie dello shopping milanese, Corso
Vittorio Emanuele, un enorme pacco regalo composto da rifiuti
recuperati in plastica usa e getta. Sul pacco un’etichetta con la
scritta «Il regalo che il Pianeta non vuole» accompagnato da uno
striscione con il messaggio «Il Pianeta non è usa e getta».
Secondo
un recente report delle Nazioni Unite, scrive Greenpeace, il consumo di
plastica continuerà a crescere negli anni a venire, quadruplicando i
volumi attuali entro il 2050. Molti degli oggetti venduti durante il
Black Friday, ad esempio, finiscono per diventare rifiuti dopo
pochissimo tempo e sono imballati in enormi quantità di plastica
monouso. Tocca alle aziende modificare le loro modalità di produzione,
ma l’associazione ambientalista fa appello soprattutto alle persone ,
alla loro capacità di contrastare una mentalità usa e getta e di
esercitare il loro potere di consumatori.
In risposta al
consumismo sfrenato e inutile perpetuato dal Black Friday, Greenpeace
infatti ha anche lanciato la Make Something Week, una settimana di
eventi-laboratorio gratuiti che si terranno in tutto il mondo dal 23
novembre al 2 dicembre. Nel corso degli appuntamenti creativi e
professionisti del settore insegneranno a chi parteciperà a riparare,
riutilizzare, dare nuova vita a oggetti inutilizzati e creare con le
proprie mani alternative a prodotti di plastica usa e getta: dalle
decorazioni natalizie alle borse per la spesa in tessuto. Quest’anno, la
Make Something Week conta quasi 300 eventi in 40 Paesi in tutto il
mondo: in Italia, sono stati organizzati oltre 35 eventi in diverse
città, da Milano a Roma, da Torino a Napoli, attraverso il supporto di
Greenpeace e in collaborazione con tante altre realtà indipendenti.
Fuori da logiche commerciali, i laboratori saranno gratuiti e nessun
prodotto sarà venduto. Creare anziché comprare. Riciclare anziché
consumare. Anche per recuperare quell’autonomia, immaginazione,
diversità che la società dei consumi sta erodendo.