il manifesto 1.11.18
La disoccupazione torna sopra quota 10 per cento
Rapporto
 Istat. L’occupazione cala soprattutto a causa della performance 
negativa del lavoro dipendente a tempo indeterminato. Sale ancora la 
disoccupazione giovanile. Gentiloni: stavolta nessuno a balcone di 
palazzo Chigi. Di Maio: è la coda avvelenata del Jobsact
di Nina Valoti
Nel
 su e giù dei decimali la disoccupazione a settembre è tornata ad un 
aumentare: di 0,3 punti su agosto risalendo al 10,1% e oltrepassando 
nuovamente la soglia psicologica della decina. Se la politica si 
accapiglia sui possibili effetti del decreto Dignità – in realtà 
inesistenti: ci saranno da novembre -, più interessanti sono le tendenze
 di lungo periodo. L’occupazione è diminuita (al 58,8%) soprattutto a 
causa della performance negativa registrata dal lavoro dipendente a 
tempo indeterminato.
La situazione del mercato del lavoro resta 
improntata a una grande incertezza con il lavoro dipendente a tempo 
indeterminato che crolla (- 77.000 occupati fissi su agosto, -184.000 in
 un anno) e quello a termine che avanza a grandi passi (+368.000 
rispetto a settembre 2017, si supera quota 3,18 milioni). In pratica la 
percentuale di coloro che hanno un contratto a termine è passato in un 
solo anno dal 15,8% al 17,7% del totale dei lavoratori dipendenti. Negli
 ultimi due anni i lavoratori a termine sono aumentati di oltre 750.000 
unità mentre quelli stabili sono diminuiti di oltre 150.000 unità. Gli 
indipendenti crescono lievemente e sono 5.342.000 a fronte di 23,3 
milioni di occupati totali.
Torna a salire anche il tasso di 
disoccupazione giovanile (al 31,6%) anche se resta più basso di tre 
punti percentuali rispetto all’anno scorso. Questo dato è ancora più 
brutto perché coincide con una diminuzione del tasso di inattività dello
 0,2%: settembre è mese di riattivazione per chi cerca lavoro.
Gli
 occupati in questa fascia di età sono sostanzialmente stabili a 
1.019.000. La fascia di età che perde più occupati è quella tra i 35 e i
 49 anni (-154.000 unità rispetto a settembre 2017) soprattutto a causa 
del passaggio nella fascia più anziana senza adeguati «rimpiazzi» da 
quella più giovane. Fra i generi a settembre il calo si distribuisce più
 sulle donne (-24mila) che sui maschi (10 mila).
La popolazione 
lavorativa invecchia sia a causa del cambiamento demografico, con la 
generazione dei baby boomers che ormai è nella fascia over 50 sia della 
stretta sull’accesso alla pensione. Nel 2018 si è concluso il percorso 
di avvicinamento dell’età di vecchiaia tra uomini e donne (a 66 anni e 
sette mesi) mentre l’anno prossimo dovrebbe scattare il nuovo scalino di
 cinque mesi portandola a 67 anni. I lavoratori over 50 a settembre sono
 cresciuti sia sul mese che sull’anno (+333.000) arrivando alla quota 
record di 8.546.000 unità (quasi tre milioni in più rispetto a 10 anni 
fa).
«È l’ultimo colpo di coda del Jobs act – attacca Di Maio – , 
da domani (oggi, ndr) entra in vigore la nostra norma». Il decreto 
dignità infatti dal primo novembre finisce il periodo transitorio che 
permetteva alle aziende di non modificare la normativa attuale.
Da
 oggi invece la durata massima complessiva dei contratti a tempo 
determinato scende da 36 a 24 mesi; il numero dei rinnovi possibili 
passa da 5 a 4 in 2 anni; compare l’obbligo, per il datore, di indicare 
dopo i primi 12 mesi una causale di lavoro specifica per giustificare il
 rinnovo del rapporto.
E proprio da oggi si hanno notizia dei 
primi licenziamenti a causa del decreto Dignità. A Taranto il Nidil Cgil
 denuncia come sessanta lavoratori somministrati del call center 
Teleperformance perderanno il posto. Un numero che può salire fino a 
trecento persone se contiamo tutti i contratti in scadenza. E le 
ripercussioni potrebbero allargarsi fino a mettere in discussione la 
commessa Enel.
Nelle intenzioni di Di Maio invece il limite ai 
rinnovi dei contratti precari incentiverà il tempo indeterminato. Ma per
 adesso in alcuni casi, come quello della multinazionale francese con 
sede in Puglia, si ottiene l’effetto opposto.
La risposta arriverà
 con i dati di novembre dell’Istat e quindi fra due mesi. Anche se sarà 
il lungo periodo a dire la verità. «Se la produzione industriale si 
ferma e il Pil stagna è normale si fermi la crescita occupazionale», 
spiega Di Maio. Ma l’ex premier Paolo Gentiloni twitta: «Istat, 
l’aumento della disoccupazione è allarmante. La crescita zero è grave. 
Il balcone di Palazzo Chigi è tristemente vuoto».
 
