il manifesto 13.11.18
Giovani, marxisti e con gli operai ma il Pcc li reprime
Cina. In Cina spariscono altri attivisti che insieme ai lavoratori di Shenzhen da mesi chiedono di poter creare un sindacato
Gli studenti solidali con i lavoratori: «Liberate subito gli operai della Jasic arrestati ingiustamente»
di Simone Pieranni
Le
teorie di Marx sono «totalmente corrette», aveva detto Xi Jinping
durante le celebrazioni del bicentenario della nascita di Karl Marx. Ma
se a confermare questo giudizio del presidente sono operai e studenti
cinesi, che si professano maoisti e marxisti e che chiedono la
possibilità di dare vita a un sindacato indipendente, non va bene. E
anzi, vengono repressi, arrestati, o picchiati e fatti sparire.
È
LA NUOVA ERA DI XI Jinping, periodo nel quale la proiezione
internazionale della Cina ha finito per offuscare la visibilità esterna
di quanto accade all’interno. Con Xi Jinping – che di recente ha
cancellato il limite del doppio mandato alla carica da presidente e
centralizzato ogni forma di controllo sul partito – la repressione su
ogni forma di opposizione non sembra conoscere limiti e la vicenda degli
studenti e degli operai della Shenzhen Jasic Technology lo dimostra.
Proprio
nei giorni scorsi almeno dodici attivisti sarebbero spariti:
presumibilmente rapiti dal consueto gruppetto di teppisti assoldato dal
partito o dai sindacati per mettere a posto problemi imbarazzanti. Le
scomparse sarebbero avvenute a Pechino, Canton, Shanghai, Shenzhen e
Wuhan. Uno dei rapiti si chiamerebbe Zhang, e secondo le informazioni
ottenute stava conducendo la ricerca di attivisti e lavoratori detenuti
nei mesi precedenti. Un testimone – secondo l’Afp – «avrebbe detto che
gli uomini che hanno arrestato Zhang avrebbero anche picchiato alcuni
testimoni e impedito loro di scattare foto».
DURISSIMO IL
COMUNICATO del gruppo Jasic Workers Solidarity: «L’Università di Pechino
ha acconsentito al rapimento. Questo è un altro crimine che le
università hanno commesso contro gli studenti progressisti e la comunità
di sinistra». La protesta dei lavoratori della Jasic di Shenzhen,
fabbrica che produce macchinari industriali per la saldatura, aveva
ottenuto un suo momento di visibilità lo scorso agosto, a seguito
dell’arresto dei leader della lotta. Alcuni gruppi di studenti che si
definiscono «marxisti e maoisti» avevano portato la loro solidarietà
scrivendo anche una lettera a Xi Jinping nella quale specificavano di
non essere una «forza straniera». Ma la nuova era di Xi si sta
caratterizzando per la repressione verso tutto quanto contrasta con la
linea ufficiale. I lavoratori della Jasic avevano ottenuto il via libera
da parte del sindacato cinese a creare organizzazioni di base, ma poi
da parte dell’Acftu c’è stato il dietrofront. E puntualmente sono
arrivati arresti, sparizioni, minacce.
NELLA CINA che comincia a
sentire i colpi della guerra dei dazi con gli Usa – calo dei consumi e
aumenti dei prezzi benché sotto controllo cominciano a preoccupare il
partito – la protesta di lavoratori e studenti rappresenta un’ulteriore
minaccia per la leadership e il mantra tutto pechinese del «mantenimento
della stabilità».
Certo colpisce un fatto: Xi Jinping che si è
assai prodigato a lodare Marx e recuperare alcuni aspetti del maoismo –
come la «linea di massa» – ora si ritrova a confrontarsi con attivisti
che si definiscono marxisti. Contraddizioni di questo strambo animale
politico che è la Cina? La spiegazione appare proprio nelle parole dei
ragazzi e degli operai in lotta: la crescita cinese ha tenuto indietro
troppe persone, soprattutto i lavoratori, e altre sono deputate a
soffrire in futuro, basti pensare ai «lavoratori digitali». La lotta di
classe in Cina , come dicono attivisti e operai, non è mai stata attuale
come oggi.