mercoledì 14 novembre 2018

il manifesto 13.11.18
Giovani, marxisti e con gli operai ma il Pcc li reprime
Cina. In Cina spariscono altri attivisti che insieme ai lavoratori di Shenzhen da mesi chiedono di poter creare un sindacato
Gli studenti solidali con i lavoratori: «Liberate subito gli operai della Jasic arrestati ingiustamente»
di Simone Pieranni


Le teorie di Marx sono «totalmente corrette», aveva detto Xi Jinping durante le celebrazioni del bicentenario della nascita di Karl Marx. Ma se a confermare questo giudizio del presidente sono operai e studenti cinesi, che si professano maoisti e marxisti e che chiedono la possibilità di dare vita a un sindacato indipendente, non va bene. E anzi, vengono repressi, arrestati, o picchiati e fatti sparire.
È LA NUOVA ERA DI XI Jinping, periodo nel quale la proiezione internazionale della Cina ha finito per offuscare la visibilità esterna di quanto accade all’interno. Con Xi Jinping – che di recente ha cancellato il limite del doppio mandato alla carica da presidente e centralizzato ogni forma di controllo sul partito – la repressione su ogni forma di opposizione non sembra conoscere limiti e la vicenda degli studenti e degli operai della Shenzhen Jasic Technology lo dimostra.
Proprio nei giorni scorsi almeno dodici attivisti sarebbero spariti: presumibilmente rapiti dal consueto gruppetto di teppisti assoldato dal partito o dai sindacati per mettere a posto problemi imbarazzanti. Le scomparse sarebbero avvenute a Pechino, Canton, Shanghai, Shenzhen e Wuhan. Uno dei rapiti si chiamerebbe Zhang, e secondo le informazioni ottenute stava conducendo la ricerca di attivisti e lavoratori detenuti nei mesi precedenti. Un testimone – secondo l’Afp – «avrebbe detto che gli uomini che hanno arrestato Zhang avrebbero anche picchiato alcuni testimoni e impedito loro di scattare foto».
DURISSIMO IL COMUNICATO del gruppo Jasic Workers Solidarity: «L’Università di Pechino ha acconsentito al rapimento. Questo è un altro crimine che le università hanno commesso contro gli studenti progressisti e la comunità di sinistra». La protesta dei lavoratori della Jasic di Shenzhen, fabbrica che produce macchinari industriali per la saldatura, aveva ottenuto un suo momento di visibilità lo scorso agosto, a seguito dell’arresto dei leader della lotta. Alcuni gruppi di studenti che si definiscono «marxisti e maoisti» avevano portato la loro solidarietà scrivendo anche una lettera a Xi Jinping nella quale specificavano di non essere una «forza straniera». Ma la nuova era di Xi si sta caratterizzando per la repressione verso tutto quanto contrasta con la linea ufficiale. I lavoratori della Jasic avevano ottenuto il via libera da parte del sindacato cinese a creare organizzazioni di base, ma poi da parte dell’Acftu c’è stato il dietrofront. E puntualmente sono arrivati arresti, sparizioni, minacce.
NELLA CINA che comincia a sentire i colpi della guerra dei dazi con gli Usa – calo dei consumi e aumenti dei prezzi benché sotto controllo cominciano a preoccupare il partito – la protesta di lavoratori e studenti rappresenta un’ulteriore minaccia per la leadership e il mantra tutto pechinese del «mantenimento della stabilità».
Certo colpisce un fatto: Xi Jinping che si è assai prodigato a lodare Marx e recuperare alcuni aspetti del maoismo – come la «linea di massa» – ora si ritrova a confrontarsi con attivisti che si definiscono marxisti. Contraddizioni di questo strambo animale politico che è la Cina? La spiegazione appare proprio nelle parole dei ragazzi e degli operai in lotta: la crescita cinese ha tenuto indietro troppe persone, soprattutto i lavoratori, e altre sono deputate a soffrire in futuro, basti pensare ai «lavoratori digitali». La lotta di classe in Cina , come dicono attivisti e operai, non è mai stata attuale come oggi.