il manifesto 10.11.18
Referendum Atac, quorum difficile nonostante gli appelli
Trasporto
Pubblico. Domani romani ai seggi: serve un terzo di votanti. Radicali e
Pd fanno leva sui disagi, ma molti comitati pendolari sono per il No.
Il blogger Mercurio: dal 2010 la politica ha tagliato 30% del servizio,
ora va subito rilanciato
di Massimo Franchi
Fra
appelli dei vip – Verdone e Ferilli che mai sono stati visti su un bus –
e di Salvini al voto e accuse di scarsa informazione, si è chiusa la
campagna elettorale per il referendum consultivo sull’Atac. Quasi 2,4
milioni di romani domani (dalle 8 alle 20) saranno chiamati a decidere
se liberalizzare il servizio di trasporto pubblico della capitale.
All’elettore saranno consegnate due schede di colore diverso, una per
ciascun quesito: il primo riguarda l’affidamento dei servizi di
trasporto di linea mediante gare pubbliche, il secondo chiede la nascita
di nuovi servizi di trasporto collettivo a imprese concorrenti.
Perché il referendum sia valido serve che votino un terzo degli aventi diritto: 759mila cittadini. Difficile che accada.
LA
CAMPAGNA PER IL SÌ ha fatto leva sulla rabbia degli utenti per i
disservizi. Parecchi comitati di pendolari però sono convintamente per
il No. Fra loro anche Mercurio Viaggiatore, blogger seguito su Twitter
che ogni mattina fornisce i dati in tempo reale sui mezzi Atac che sono
in funzione. «Sono dati pubblici che le aziende forniscono a Roma
Servizi per mappare il tempo di attesa degli autobus che io utilizzo in
altro modo». Mercurio è un «pendolare appassionato fin da bambino al
trasporto pubblico: vorrei vivere in una città nella quale l’uso
dell’auto privata fosse ridotto al minimo». Negli anni ha cumulato
conoscenze e competenze che lo portano «a fare un discorso tecnico» e ad
evitare paragoni impropri: «ogni città ha le sue caratteristiche e
problematiche urbanistiche e culturali, a Roma l’uso dell’auto privata è
forte e ci sono quartieri con densità altissima nelle periferie più
esterne dal centro con spazi inabitati più centrali».
DAL SUO
PUNTO DI VISTA, il referendum proposto dai Radicali poteva essere
«positivo se fosse servito ai romani per prendere consapevolezza con le
ragioni della crisi di Atac e che la giunta fosse portata ad investire
più risorse. Invece i quesiti sono banali e hanno polarizzato
politicamente la discussione: i Radicali e il Pd usano il referendum in
chiave anti Raggi, il M5s lo sta boicottando per evitare che raggiunga
il quorum». Anche la distinzione tra liberalizzazione e privatizzazione
in questo quadro perde di senso: «Per legge è la Regione Lazio a
stabilire tratte e tariffe del servizio, mentre nessun privato si
prenderebbe Atac così com’è».
Mercurio snocciola i dati che
certificano la crisi sempre più profonda di Atac. «Dal 2010 in avanti
l’azienda ha ridotto il servizio: sono diminuiti i bus (circa 200 l’anno
di un «parco» sempre più vecchio) e i milioni di chilometri in
superficie (da 113 agli 80 di quest’anno). Insomma in 8 anni c’è stato
un calo del 30 per cento del servizio, soprattutto in periferia. Un calo
che ha portato un circolo vizioso: più macchine private e bus che vanno
più piano e passano più raramente, portando il tasso di motorizzazone
ad un mostruoso 65%. Sulle linee della metropolitana e i treni locali il
discorso è diverso: mancano investimenti e i contratti di servizio sono
tarati sulle possibilità di Atac. Ad esempio la linea Roma-Lido che ha
vinto il premio Caronte come più lenta in Italia ha rispettato il
contratto di servizio al 95 per cento, ma solo perché la frequenza dei
treni è bassisima e rispettarla è semplice».
LA CRISI DI ATAC È
ANDATA di pari passo con l’uso che la politica ha fatto della sua
municipalizzata più grande con i suoi 11mila dipendenti. «La politica ha
rovinato Atac perché non ha mai considerato centrale il servizio ma da
Parentopoli in poi ha fatto assumere personale e manager incapaci, con
le false bigliettazioni e gli appalti dubbi ha aumentato un buco di
bilancio spaventoso».
QUELLO CHE MERCURIO non riesce a spiegarsi è
perché la giunta non investa: «Ha comprato 165 bus con fondi già
stanziati da Marino, non ha utilizzato i 425 milioni per le
metropolitane e ha deciso di spalmare i 167 per comprare nuovi bus con
38 milioni del 2018, 30 nel 2019 e ben 99 nel 2020: come fa a sostenere
che sta accelerando sul cambio di un parco bus vecchissimo?».
LO
SCENARIO in caso di vittoria del Sì lo «preoccupa molto». «Nel 2021
verrebbe messo a bando il servizio; immagino divendendolo in più lotti,
probabilmente 4: solo poche società sarebbero interessate ma chiederanno
garanzie per avere margini di profitto che saranno possibili solo
aumentando le tariffe e licenziando il personale che, specie fra gli
autisti, non è eccessivo mentre andrebbe riconvertito fra i troppi
amministrativi».
L’alternativa esiste. «E votando No si può
ottenerla: investire più risorse pubbliche per aumentare il servizio
trovando manager capaci che abbiano questo come obiettivo».