Il Fatto 7.11.18
“Avevo successo ma volevo solo buttarmi sotto la metro”
Domani
in sala il film “Il ragazzo più felice del mondo” e una raccolta di
storie di inizio carriera, “Boschi mai visti”. Il fumettista si racconta
di Stefano Feltri
“La
mia sensazione è quella di essere finito da tempo, invece mi sorprendo
sempre”. Gianni Pacinotti, cioè Gipi, risulta autentico anche quando
dice cose che in bocca ad altri sembrerebbero soltanto falsa modestia.
Domani esce per Coconino Press Boschi mai visti una raccolta delle sue
storie di inizio carriera, quando non era ancora il fumettista italiano
più importante (Zerocalcare è il più venduto). E sempre domani va al
cinema con Il ragazzo più felice del mondo, prodotto da Fandango,
passato dalla Mostra di Venezia, un film di Gipi su Gipi che gira un
film sulle tracce di un misterioso personaggio che da decenni si spaccia
per un adolescente e scrive cartoline agli autori italiani chiedendo un
disegno in risposta.
Gipi, partiamo dal libro: quali sono questi Boschi mai visti?
Storie
che risalgono fino a 25 anni fa. C’è roba iperviolenta e di sesso che
avevo completamente dimenticato. Gli editor di Coconino sono andati a
recuperarle dai diversi editori. Io non avevo più niente perché fino a
quattro anni fa vendevo tutti gli originali a un collezionista che
comprava tutto e poi un po’ rivendeva ad altri. Siamo diventati amici.
Ha venduto tutte le tavole originali?
Ho iniziato a fare libri a 37 anni, vendevano a 1.500-2.000 copie. Non ci potevo campare.
Al
cinema esce Il ragazzo più felice del mondo. Davvero ha dedicato un
intero film a questo misterioso adulto che da decenni si finge un
quindicenne per chiedere disegni agli autori e poi hai deciso di non
incontrarlo?
Quello che si vede nel film è tutto vero. L’incontro non c’è stato. Spero anzi che lui non abbia saputo nulla del film.
Difficile, visto che è uno che segue i fumetti.
Sì,
ma in modo strano. Ha scritto lettere a tutti i disegnatori, senza un
criterio di gusto. Non è un lettore normale, non credo sia mai andato a
Lucca Comics, dove basta poco per avere un disegno a uno stand. La sua
passione è mania.
Però ormai sa tutto di lui, dove abita, chi è, quanti anni ha.
So
anche il nome dei vicini di casa. Ma, come racconto nel film, da una
perizia grafologica ho avuto conferma che si tratta di una persona molto
fragile. Mi sono reso conto che stavo per assalirlo con uno stile da
infotaiment tipo Iene, con il montaggio fascista e la musichetta, anche
se con le migliori intenzioni. Mi sono fermato in tempo.
E se il “ragazzo più felice del mondo” vedesse il film?
Spero
apprezzi che l’ho protetto. Ha fatto del bene alle persone cui ha
scritto. Io sono stato felice, e così tutti gli altri disegnatori.
Certo, poi sono rimasti delusi quando hanno capito di non essere stati
gli unici o i primi, ma non è così per tutte le storie d’amore?
Sono fedeli alla realtà anche i tormenti produttivi?
Tutto
vero. Io e mia moglie abbiamo prodotto il film rovinandoci, fino allo
zero sul conto in banca. Questo ci ha permesso di girare con tempi
diversi da quelli di una produzione normale. Io ho scoperto quella
lettera del finto adolescente nell’aprile del 2017 e dieci giorni dopo
ero sul set, con una troupe di ragazzi. Poi Domenico Procacci di
Fandango ha visto il pre-montato e lo ha comprato, permettendoci di fare
la post-produzione. Ma a oggi sono ancora in bancarotta, anche se
Fandango poi mi ridarà i soldi.
Nel film c’è anche il suo rapporto
coi social. Ma come è possibile che il più celebre fumettista italiano
se la prenda tanto se uno sconosciuto gli scrive: “Non ti leggo ma mi
fai schifo”?
Ci ho ragionato a lungo. Sono stato molto fragile,
ora non lo sono più. Chiunque fa un mestiere che prevede esposizione al
pubblico ha qualcosa che non va nella testa, o forse nel cuore.
Richiedere l’approvazione e l’affetto di sconosciuti, come fa chi va sul
palco, chi pubblica un libro o fa un film, non è giusto. È molto più
sano chiederlo alle persone che ami. Ci sono tanti mestieri onorevoli
che non prevedono l’esposizione continua. Se la insegui è perché hai dei
buchi profondi di affettività e li vuoi riempire con gli applausi. Ma
io ho scoperto che gli applausi quel buco lo allargano.
E come lo ha capito?
Psicologia
infantile. Se cresci circondato dall’approvazione, ti abitui ai
complimenti, ti modelli sulle richieste dei genitori perché vuoi gli
applausi. E così diventi un adulto diverso da quello che avresti voluto
essere. L’amore che arriva solo quando sei bravo non ti scalda il cuore.
Quello che ti arriva quando sei sbagliato è quello vero. Anche a me
dicevano sempre quanto ero bravo quando me ne stavo buono buono in un
angolo a disegnare. E io lo facevo perché sapevo che mi avrebbe portato
approvazione. Questo è un problema molto diffuso, quando ne parlo negli
incontri in pubblico c’è sempre qualcuno in sala che piange. Ma se sei
cresciuto così, non sei consapevole di avere qualcosa che non va: vuoi
essere bravo per ricevere gli applausi, e ci riesci. Ma non stai bene.
Pensi che sia amore, invece è qualcosa che ti apre un buco dentro cui
passa un vento gelido che non auguro al mio peggior nemico.
Lei però sembra averlo capito e, in qualche modo, ha reagito.
Negli
anni in cui stavo a Parigi pensavo solo a sdraiarmi sotto la metro.
Eppure ero al massimo del mio successo, La Mia Vita Disegnata Male era
stato un trionfo, avevo una fidanzata francese. Ma stavo di merda.
Eppure avevo esattamente tutto quello che volevo. Poi una mia sorella,
più grande di me, che già si era posta queste domande, mi ha passato il
libro di una psicoterapeuta, Alice Miller, Il dramma del bambino dotato e
la ricerca del vero sé. Mi ha cambiato: cercavo la mia foto tra le
pagine perché leggevo la descrizione di tutti i miei comportamenti.
E come se ne esce?
Ho
cercato una briciola del mio me originario. Ho lasciato la Francia e
sono tornato in Italia, in provincia, dai miei amici delle medie che non
sanno neanche che fumetti faccio. Ho iniziato a capire meglio. E, piano
piano, a soffrire sempre meno.
Però nei fumetti questo percorso è rimasto sullo sfondo.
Non
l’ho mai raccontato nei libri perché mi vergogno. Ma riesco a parlarne.
È stata una bella guerra per me. E poi la mia vita è cambiata
radicalmente quattro anni fa quando ho conosciuto quella che è diventata
mia moglie. Mi sono innamorato per la prima volta a 50 anni. Pensavo:
artisticamente sono fottuto, sto troppo bene. Avevo una serenità inedita
e mi chiedevo: e ora di che cazzo parlo? Poi però ho scritto La terra
dei figli dove non ero io l’oggetto centrale della mia narrazione e
credo sia il mio libro migliore.
E ora?
Ora ho iniziato un
libro nuovo, un dialogo con Dio, una questione che mi tormenta da tempo.
Fa molto ridere. Vedremo se lo porterò avanti.
Una volta faceva
strisce di satira politica. In questo momento sente la necessità di fare
l’intellettuale impegnato come molti altri scrittori o artisti?
Io
non credo alle iniziative degli intellettuali che mi uggiano i
coglioni. Credo però alla necessità di scaricare le palle. Ho trovato
una chiave con i corti per Propaganda Live su La7. Incanalo le mie ansie
per il futuro del Paese in qualcosa che faccia ridere. Preferisco così
che stare in un angolo a lamentarmi.