Il Fatto 5.11.18
Il populismo raccontato dai fatti senza giudizi né sentimenti
Maurizio Molinari analizza il vuoto lasciato dalle vecchie forze politiche
di Furio Colombo
Maurizio
Molinari, direttore de La Stampa, ha scritto in modo rapido e preciso
l’articolo che forse si aspetta sempre dai suoi colleghi redattori:
niente sentimenti e molti fatti ben connessi tra loro, in modo da
dimostrare quel che è accaduto senza sostare sul prima, sul dopo e sul
giudizio.
Molinari, con la sua passione per un giornalismo che è
soprattutto reporting, non ama il populismo, che viaggia in un fumo di
leggende e di storie inventate e installa continuamente un nuovo
tribunale per dimostrare o ripetere la colpa degli altri. Ma non ha
scritto un libro breve e nervoso per giudicare.
Lo scopo è ricostruire il percorso perché il lettore sappia come ci siamo arrivati.
Proprio
per la sua freddezza, per la sua narrazione priva di enfasi, l’autore
offre un manuale molto utile al lettore. Impedisce che vengano
dimenticati passaggi essenziali (lo spazio vuoto lasciato da ogni altra
forza politica alla calata ed espansione del nuovo verbo, unica
eccezione, nelle loro modeste dimensioni, i Radicali). E suggerisce di
non inchinarsi ad alcun miracolo: c’era uno spazio vuoto, e quel posto è
stato occupato, anche se il fervore della vittoria inaspettatamente
rapida ed eccessiva, ha provocato trionfalismi e aspettative fuori
misura.
Leggendo e scrivendo del libro di Molinari (Perché è successo
qui. Viaggio all’origine del populismo italiano che scuote l’Europa, La
nave di Teseo), mi trovo d’accordo e in disaccordo.
L’accordo è
sulla persuasione che tutto ciò non passa presto (io aggiungo:
l’insediamento di credenze e superstizioni, fino ai vaccini, in un
territorio liberato dalla Resistenza europea, ha messo subito radici ed è
in grado di resistere e di durare).
Il disaccordo è sul considerare ciò che è avvenuto una sorta di fenomeno spontaneo.
In
questo modo si negano le mosse coordinate di una destra del mondo che
si è presa gli Usa, il Regno Unito, l’Austria, i Paesi di Visegrad,
l’Ungheria, la Turchia, l’Egitto, l’Arabia Saudita e ora il Brasile.
L’Italia, in poche settimane, si è spostata a destra al di là di ogni
speranza o tentativo estremista, nonostante la sua Costituzione e la
resistenza del presidente della Repubblica. Sembra evidente che “non è
che un inizio”.