Il Fatto 30.11.18
L’ambulante chiamò gli 007. Regeni, sequestro di Stato
I
tabulati - Dopo l’incontro con il ricercatore, si registrano contatti
tra il capo del sindacato dei venditori e tre della National Security.
Così è nato il sospetto
di Valeria Pacelli
Gli
agenti della National Security egiziana, secondo gli investigatori
italiani, entrano a gamba tesa nel sequestro di Giulio Regeni il 6
gennaio 2016. Quel giorno di quasi tre anni fa, il ricercatore friulano
ha un appuntamento con il capo del sindacato autonomo degli ambulanti
del Cairo, Mohammed Abdallah. L’incontro viene filmato dall’ambulante
stesso. La registrazione però finisce agli atti del fascicolo della
Procura di Roma che l’analizza nel dettaglio. Ed è il pm Sergio
Colaiocco a scoprire che quel giorno – dopo il caffè preso con Regeni e
una richiesta di denaro che il ricercatore nega – sul cellulare
dell’ambulante vengono registrate tre telefonate di tre utenze diverse,
tutte della National Security.
È questo l’elemento che fa
accendere i fari sugli apparati di Stato egiziani. E il conseguente
sospetto che siano coinvolti nel sequestro di Giulio Regeni. Cosa sia
avvenuto dopo – le torture e la morte – è ancora un buco nero. Non si
conoscono i responsabili. Ma i pm romani – che indagano con i colleghi
egiziani fissando diversi summit in questi anni, di fatto infruttuosi –
sono convinti che, a differenza di quanto detto, almeno cinque uomini
della National Security abbiano sorvegliato il ricercatore per qualche
mese, fino al 25 gennaio 2016, giorno della scomparsa. Per questo la
settimana prossima si procederà all’iscrizione nel registro degli
indagati di sette tra 007 e poliziotti locali. E tra questi anche alcuni
che parteciparono al blitz contro la presunta banda di rapitori, quelli
indicati all’inizio dalla polizia egiziana come responsabili
dell’omicidio. Era uno dei primi depistaggi consegnati all’Italia,
insieme ai documenti di Giulio – come il passaporto o la tessera
dell’Università di Cambridge – serviti su un piatto d’argento. Un falso,
si è poi scoperto, costato anche la vita a cinque rapitori, uccisi
durante quella farsa.
Le iscrizioni sono comunque un atto necessario per ulteriori approfondimenti.
Le telefonate tra Abdallah e gli apparati
Per
ricostruire la fase del sequestro, come detto, per i pm romani è stata
fondamentale l’analisi del video integrale registrato dal capo del
sindacato autonomo degli ambulanti, lo stesso che poi ha denunciato
Regeni. “L’ho consegnato agli Interni – dichiarò all’edizione araba
dall’Huffington Post – (…) Faceva domande strane, stava con gli
ambulanti per le strade, interrogandoli su questioni che riguardano la
sicurezza nazionale”.
Per l’appuntamento del 6 gennaio 2016,
Abdallah si presenta con una microcamera nascosta in un bottone.
Strumento che, secondo gli investigatori, sarebbe stato fornito dalla
stessa polizia locale. L’incontro dura un’ora e 55 minuti. Un’ora e 45
di colloquio effettivo. Durante il colloquio, l’ambulante chiede denaro a
Giulio. Parla della sua situazione familiare, della moglie con il
cancro e della figlia operata. Il ricercatore spiega che non può fare
nulla, sono soldi dell’università britannica e lui non ha intenzione di
chiederli per fini diversi dalla ricerca. Così se ne va.
Ma il
video continua. Infatti analizzandolo fino alla fine – come ricostruito
in un’informativa di Ros e Sco del 21 gennaio 2017 – gli investigatori
notano che l’ambulante parla al telefono. L’identificazione dei suoi
interlocutori rappresenta la chiave di svolta dell’indagine romana.
Analizzando i tabulati telefonici del 6 gennaio 2016, infatti, gli
investigatori scoprono che Abdallah chiama un colonnello della National
Security, tale Ater Kamal, il quale a sua volta sente il maggiore
Sharif. Sono due dei cinque dell’Apparato di sicurezza finiti
nell’informativa degli investigatori.
A questo punto sul telefono
del capo del sindacato viene registrata un’altra telefonata, in entrata,
da parte del centro della National Security. Purtroppo non è stato
possibile capire a quale 007 appartenesse precisamente quel contatto.
Ma
il filmato di Abdallah mostra una nuova sorpresa. Nel video integrale
si vede anche un secondo soggetto, un uomo che spegne la registrazione.
Gli investigatori romani hanno chiesto alla Procura generale del Cairo
di capire se si trattasse, pure in questo caso, di un agente della
National Security, ottenendo una risposta negativa. A ogni modo, quel
filmato è stato l’asso nella manica degli investigatori italiani per
capire il ruolo della National Security.
Ignoti ancora i torturati, l’Egitto non aiuta
Purtroppo
si tratta solo di una parte della vicenda. Resta infatti il buio totale
sulla fase successiva alla scomparsa di Regeni, su cosa sia accaduto
dalla sera del 25 gennaio 2016, quinto anniversario della rivoluzione di
piazza Tahrir, quando tra le 19.40 e le 20.18 dell’accademico si
perdono le tracce. Nove giorni dopo, il suo corpo verrà trovato senza
vita lungo la superstrada Cairo-Alessandria. Torturato e ucciso da
qualcuno ancora ignoto. E nella ricostruzione della verità l’Egitto non è
stato di particolare aiuto.