Corriere 30.11.18
Gli 007 a casa di Regeni tre giorni prima della sua scomparsa
«Volevano sapere cosa avrebbe fatto il 25 gennaio»
di Giovanni Bianconi
ROMA
Il 22 gennaio 2016, tre giorni prima della sua scomparsa, gli agenti
della National security egiziani entrarono a casa di Giulio Regeni,
quando lui non c’era, per fare dei controlli. È la conferma
dell’interesse quasi spasmodico che i servizi segreti del Cairo avevano
maturato nei confronti del ricercatore che lavorava per l’università di
Cambridge, ed è uno degli elementi in mano alla Procura di Roma per
ipotizzare il coinvolgimento di almeno cinque funzionari che saranno
indagati per sequestro di persona. A cominciare dal maggiore Magdi
Sharif, anello intermedio della catena di comando della Ns, che teneva i
rapporti con Mohamed Abdallah, il sindacalista dei venditori ambulanti
in contatto con Giulio e divenuto la spia che l’ha denunciato e ne
riferiva le mosse alla Sicurezza egiziana.
«Parlando con il
maggiore Sharif ho capito che volevano tenerlo sotto controllo ancora,
per sapere che cosa avrebbe fatto il 25 gennaio», ha riferito Abdallah
agli investigatori del Cairo in uno dei verbali acquisiti dal pubblico
ministero di Roma Sergio Colaiocco. Proprio il 25 gennaio Regeni è stato
sequestrato dopo essere uscito dal suo appartamento intorno alle 19,30,
ed entrato nella fermata della metropolitana de quartiere Dokky alle
19,51. Da quel momento, quando il suo telefono cellulare registra
l’ultimo contatto, se ne sono perse le tracce fino alla ricomparsa del
cadavere, il 3 febbraio, sulla Desert road che dal Cairo porta ad
Alessandria.
Le attenzioni dei servizi segreti sul ricercatore
italiano cominciano subito dopo la segnalazione di Abdallah, che ne
parla con il colonnello della polizia investigativa Ather Kamal, altro
nome candidato a finire sul registro degli indagati della procura di
Roma. È lui ad accompagnare il sindacalista negli uffici della Ns, dove
incontra Sharif e il suo superiore, il colonnello Usham Hely, lo stesso
che dopo il ritrovamento del cadavere dirà agli investigatori italiani
giunti al Cairo di non avere mai saputo nulla di Regeni. Una bugia,
evidenzia ora l’indagine italiana; l’inizio dei depistaggi per coprire
le azioni dei Servizi che invece — oltre ad aver arruolato Abdallah —
erano stati a casa di Giulio poco prima della sua scomparsa e in più
occasioni aveva provato a prendergli il passaporto.
Le ricerche
Agenti si presentarono nell’abitazione di Giulio quando lui non c’era per un controllo
La
ricerca del documento è divenuto un altro indizio di colpevolezza per
la procura di Roma. A partire dal 15 dicembre, l’assistente della Ns
Mhamoud Najem, stretto collaboratore del colonnello Helmy, ha avvicinato
a più riprese un avvocato egiziano coinquilino di Regeni per ottenere
una copia del passaporto di Giulio. Non essendoci riuscito, la stessa
richiesta è stata fatta al portiere del palazzo dove abitava il ragazzo.
Evidentemente volevano certezze sull’identità di una persona che aveva
suscitato sospetti dopo che Abdallah aveva rivelato agli agenti segreti
la vicenda del possibile finanziamento di 10.000 sterline della
fondazione britannica Antipode; la prova che dietro quell’ipotetico
stanziamento possa celarsi il motivo delle attenzioni sul ricercatore
universitario sta nel fatto che il 18 dicembre il sindacalista chiede e
riceve da Giulio il bando di concorso per aggiudicarsi i soldi, su
ordine di Sharif.
Nei giorni seguenti Regeni torna in Italia per
le vacanze di Natale, ma al Cairo la Ns continua a chiedere e
raccogliere informazioni sul suo conto, tramite l’assistente Najem. E
decide di far scattare la trappola con la registrazione del colloquio
tra Giulio e Abdallah, attraverso una telecamera nascosta attivata dal
sindacalista. Giulio rientra in Egitto il 4 gennaio e l’incontro avviene
il 7; il giorno prima i funzionari della Ns consegnano ad Abdallah
l’apparecchiatura per intercettare il colloquio, e stavolta è presente
anche il generale Sabir Tareq, il più alto in grado tra i prossimi
indagati.
Diecimila sterline
Sospetti per i possibili fondi alla sua ricerca dalla fondazione britannica Antipode
Parlando
con il sindacalista, Giulio capisce che il leader degli ambulanti è
interessato più ai soldi per sé che al finanziamento e alle sorti del
suo movimento. Dopo averlo salutato Abdallah chiama il colonnello Kamal,
che a sua volta avvisa la Ns; dalla sede dei Servizi partono alcune
chiamate ad Abdallah, e poi il sindacalista chiama direttamente il
maggiore Sharif per farsi dire come è venuta la registrazione. Nelle due
settimane successive, fino al 21 gennaio, Sharif parlerà al telefono
con Abdallah altre tredici volte. Fino alla visita in casa di Giulio del
22. E alla volontà di seguirlo il 25.
Da questi e altri elementi,
i poliziotti dello Sco e i carabinieri del Ros sono giunti alla
conclusione del «coinvolgimento degli indiziati nel sequestro di persona
di Giulio Regeni, delitto che ha permesso ai suoi carnefici di
torturarlo, ucciderlo e gettare il corpo ai lati di una strada di
periferia del Cairo».