Il Fatto 27.11.18
Yanis Varoufakis . ”La battaglia con l’Unione va fatta per cambiare le regole, non per violarle”
“L’Italia non faccia come Tsipras, non ceda”
di Wanda Marra
“È
stato un giorno triste quello in cui Alexis Tsipras ha lottato per
convincere Bruxelles e Berlino di essere il loro uomo. Quindi, no, non
sono d’accordo sul suo consiglio all’Italia che è meglio cedere subito”.
Yanis Varoufakis, l’ex ministro delle Finanze greco che uscì sbattendo
la porta dal primo governo Tsipras, ha appena finito di parlare. Per due
ore davanti a tutta la business community italiana allo Studio Curtis,
ultimo piano con vista su piazza Venezia a Roma, ha espresso opinioni e
valutazioni sulla politica mondiale.
Stimolato da Sir Martin
Sorrell, uno dei più grandi comunicatori mondiali (è stato per 33 anni a
capo della WPP). Da Macron (“che ha solo 6 mesi davanti a sé per
provare a sopravvivere”), alla May (“il tipo di accordo stretto con la
Ue è una scelta totalmente sbagliata”) a Putin (“è così importante
perché l’Europa e gli Stati Uniti glielo consentono, non facendo una
politica energetica e tollerando le sue violazioni dei diritti umani”).
Ha appena annunciato la candidatura alle Europee con il suo movimento
transnazionale, Diem 25, come capolista in Germania.
Per le liste
in Italia, sta per partire la raccolta firma: mettere insieme i partiti a
sinistra si è rivelata una mission quasi impossibile.
Cosa dovrebbe fare il governo italiano?
Deve
decidere se vuole cambiare le regole o fare una battaglia per violarle,
che non serve a niente. Il mio problema con questo governo è che sta
continuando la strategia di Renzi. Mandare avanti il ministro e poi dire
che le richieste dell’Europa non vanno bene. Dovrebbe invece dire: ‘Ok,
non possiamo rispettare queste regole, ecco il nostro piano per
cambiarle’.
Quindi, sbaglia ad abbassare la manovra dello 0,2%?
Sì.
Dovrebbe presentare la richiesta di un piano straordinario di
investimenti europei, ovvero bond della Banca europea, per investimenti
veri come riconversioni ecologiche e industriali. Se fosse accettato,
l’Italia si impegna a rispettare tutti gli impegni, se fosse negato,
dovrebbe partire con un piano unilaterale di investimenti nazionali e
arrivare anche al 3%.
Cosa pensa di Salvini?
È stato creato
dal fallimento dell’establishment, che ha bisogno di esibirlo come
nemico. Ma funziona anche al contrario. È tutta una pantomima: Juncker è
funzionale a Salvini e viceversa. Un esempio? Macron non sarebbe mai
stato eletto senza Marine Le Pen.
E di Luigi Di Maio? Ci parla?
Ci
ho parlato in passato, mi ha fatto domande, è stato molto educato, ma
ora non vedo motivo per farlo: i Cinque Stelle non sono quelli di tre
anni fa. Non li capisco: hanno perso ogni occasione di essere
un’opportunità per cambiare l’Europa democratica. Sono diventati uno
strumento nelle mani di uno xenofobo come Salvini.
Cosa pensa del reddito di cittadinanza?
Sono
a favore di questa misura. Ma in questo caso, si tratta solo di un
reddito minimo garantito, che è subordinato all’accettazione di una
proposta di lavoro. Non è una soluzione strutturale.
Lei ha detto
che la riduzione dell’età pensionabile dovrebbe riguardare solo
lavoratori manuali e quelli a bassa retribuzione, quindi non chi lavora
nella finanza, nella Pa, nelle professioni.
Sarebbe un primo
passo, ma dovrebbe riguardare anche professionisti come gli insegnanti o
i dottori negli ospedali. Bisognerebbe concordare con i sindacati
diverse fasce d’età, ma lasciare fuori i dirigenti e usare i soldi
risparmiati in investimenti.
Draghi ha annunciato la fine del Quantitative easing a dicembre. È preoccupato?
Non è quello che fa la differenza. È come curare il cancro con il cortisone: il malato sta meglio, ma non guarisce.