il manifesto 27.11.18
Bertolucci, gli intellettuali e la debolezza della sinistra
Addio novecento. La scomparsa di Bernardo Bertolucci e il suo ruolo nella vita politica e artistica del Paese
Una scena da «The Dreamers»
di Luciana Castellina
Toronto,
11 settembre 2001. Erano all’incirca le 8 del mattino e stavo
consumando una frettolosa colazione in albergo prima di correre a una
riunione ( erano i tempi in cui ero presidente dell’Agenzia per il
cinema italiano ed ero in Canada per uno dei più importanti festival/
mercato di film del mondo ), quando, guardando distrattamente lo schermo
sempre acceso della TV in un angolo della sala, vidi le immagini di un
incidente aereo. Nelle vicinanze delle altissime torri costruite da poco
a New York. Mi alzai senza dar troppo peso a quella notizia, di
incidenti aerei ce ne sono tanti. Fu Bernardo Bertolucci – anche lui a
Toronto per il Festival – che, poco dopo, mentre nessuno aveva ancora
capito cosa era accaduto e io stavo tranquillamente raggiungendo la mia
riunione, ad avvertirmi che, forse, non si trattava di un comune
incidente. Era infatti accaduto l’«11/9», una svolta epocale.
Passai
insieme a Bernardo e a sua moglie Claire l’intera giornata appiccicati
allo schermo TV della loro stanza ascoltando e guardando per ore le
notizie e le immagini in diretta che arrivavano da New York, stesso fuso
orario di dove noi ci trovavamo.
SE NON FOSSE stato per lo
sbigottimento e l’orrore della vicenda che ci si snocciolava dinanzi
agli occhi, e soprattutto per le terribili conseguenze che quell’evento
ha poi prodotto, potrei dire che quella giornata è stata per me una
straordinaria esperienza. Ore e ore a discutere del mondo insieme a
Bernardo, vale a dire a qualcuno che del mondo era stato un interprete
lucidissimo e assai precoce. Per questo, assistere con lui allo
stravolgimento che si annunciava aveva un valore particolarissimo.
DELLA
INSORGENZA che quest’anno che celebriamo per via del suo
cinquantenario, il ’68, e che – quali che siano le interpretazioni
riduttive che ne hanno dato i media del potere e qualche protagonista
pentito – non ha vinto ma ha fatto sì che il mondo, dopo, non fosse più
lo stesso, Bernardo aveva capito con anticipo la portata storica. Aveva
intuito cosa stava covando nella società e ne aveva dato atto con i suoi
primi film, mai direttamente politici, ma capaci di illuminare la
politica solo che fosse disposta a capire.
QUEL PRESASSANTOTTO fu
un tempo prezioso, un’epoca che aprì gli occhi ad una generazione che
poco tempo dopo volle diventare soggetto di una lucida rivolta ma che
potè esserlo perché in quegli anni la cultura un po’ bigotta,
provinciale, della sinistra tradizionale, si era finalmente aperta alla
contaminazione con altre culture non ortodosse, la sociologia americana,
la scuola di Francoforte, la New Left inglese. E alla variegata assai
creativa intellighenzia francese. Il cinema ebbe in questo contesto un
ruolo decisivo, e infatti in quei primi anni ’60 si moltiplicarono
ovunque i cineforum. In Italia sorsero come funghi e i film dei nuovi
registi vennero visti persino negli scantinati o, come a Bologna, per
via dell’iniziativa di quelli che poi fecero radio Alice, addirittura in
una sala parrocchiale affittata. Bernardo Bertolucci di quella stagione
è stato in Italia un protagonista, la sua scomparsa, per questo,
colpisce oggi tutta intera una generazione.
RICORDARE quel tempo
induce a riflettere sul ruolo che possono avere gli intellettuali o
quello che invece non riescono ad assumere. Dipende da tante cose, non è
colpa degli intellettuali italiani, e non solo, se si registra oggi un
drammatico declino della loro funzione. Ma quel vuoto è pesante, è uno
degli aspetti più gravi della debolezza della sinistra.
Dovrebbe
far riflettere di più. Sarebbe stato bello farlo insieme a Bernardo
ancora una volta. Purtroppo se ne è andato, dopo gli anni tristi di
quella maledetta operazione alla schiena andata male che lo aveva
costretto su una sedia a rotelle. Ciao Bernardo, grazie da un giornale,
il manifesto, che ha cominciato a pensarsi proprio in quegli anni di cui
ho parlato.