mercoledì 21 novembre 2018

Il Fatto 21.11.18
La maturità a prova di costituzione
di Tomaso Montanari


“Professore, nell’alternanza scuola-lavoro sono stato a fare fotocopie negli uffici di un cantiere che da quasi trent’anni prepara il traforo di una montagna per farci passare un treno veloce per spostare verso un pascolo alpino merci che non ci sono. Mi pare che tutto ciò sia un po’ insensato, e anche contro l’articolo 9 della Costituzione, che tutela l’ambiente. Ho imparato che si possono avere contratti (e dunque diritti) diversissimi per fare lo stesso, identico lavoro: ho il sospetto che questo violi l’articolo 3, quello che mi piace di più perché dice che tutti siamo uguali. A proposito, anche il professore di matematica, che è un precario, mi pare trattato come uno schiavo: gli articoli 1 e 4 forse non valgono più? E, con tutto il rispetto, perché c’è il crocifisso in aula, nonostante l’articolo 7? Ho poi un dubbio: un mio compagno di classe (che ha il padre che ha la residenza fiscale a Montecarlo) ha usato il bonus cultura per comprare i dischi dei neomelodici, vedersi Vacanze di Natale 14 e comprarsi il biglietto del Motor Show: non sono sicuro di aver capito se è l’attuazione dell’articolo 34, che dice che i capaci e meritevoli privi di mezzi possono raggiungere i gradi più alti degli studi. Infine: ma lo sa che il cugino del mio compagno di classe Ibrahim è appena arrivato su un barcone dalla Libia, è stato espulso e trova che questo sia contro i suoi diritti, ma non ha più tre gradi di giudizio perché uno glielo ha tolto l’ex ministro dell’Interno (sì, il predecessore di questo che sequestra le navi con dentro i neri), uno che ora vuole guidare il suo partito per aiutare ‘i più deboli’? Ho sentito dire che quel ministro era contento di avere la scrivania di Mussolini: ho paura che in quei cassetti la Costituzione non ci fosse…”.
Chissà se alla prossima maturità sentiremo qualche colloquio di questo tenore: teoricamente è finalmente possibile, perché da quest’anno scolastico entra in vigore il decreto 62 del 2017 (governo Gentiloni) che riforma le materie d’esame introducendovi anche “Cittadinanza e Costituzione”. Solo a gennaio sapremo come l’attuale ministro Bussetti deciderà di organizzare in pratica l’esame, e soprattutto come vorrà sostenere l’insegnamento di una materia cruciale, per la quale il suddetto decreto non stanziava alcun finanziamento. Come sempre, una riforma a costo zero: e dunque inattuabile. È evidente che, perché venga presa sul serio e sia seriamente insegnata e studiata, anche “Cittadinanza e Costituzione” avrebbe bisogno di chiarezza su quali siano i docenti di riferimento, sul numero delle ore, sui programmi, sull’esame stesso: e sui soldi con cui pagare tutto questo.
Se l’aspetto pratico è cruciale non lo è tuttavia di meno quello teorico: cosa significa insegnare la Costituzione? Di solito si risponde: il rispetto delle istituzioni, il senso civico, la legalità. Giusto: ma è come dire che insegnare la storia dell’arte significa insegnare la cronologia degli stili, la tecnica dell’affresco, gli ordini architettonici. Sacrosanto. Però insegnare davvero la storia dell’arte significa dare ai ragazzi il desiderio, prima ancora dei mezzi, per riappropriarsi del tessuto vivo del Paese in cui vivono ogni giorno: del rapporto tra città e campagna, di quello tra città storica e periferie, del senso della bellezza dello spazio pubblico. Sapere chi era Giotto, certo: ma anche sentire perché Giotto è vivo e urgente per la loro vita.
Ecco, la stessa cosa vale per la Costituzione. Si può e si deve insegnarne l’architettura formale, ma soprattutto si deve fare capire che la “Costituzione che è una polemica contro il presente, contro la società. Perché quando l’articolo 3 vi dice: ‘È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli d’ordine economico e sociale che impediscono il pieno sviluppo della persona umana’, riconosce con ciò che questi ostacoli oggi ci sono, di fatto, e che bisogna rimuoverli. Dà un giudizio, la Costituzione! Un giudizio polemico, un giudizio negativo contro l’ordinamento sociale attuale, che bisogna modificare attraverso questo strumento di legalità, di trasformazione graduale che la Costituzione ha messo a disposizione dei cittadini italiani”. Sono parole di Piero Calamandrei, tratte dal celeberrimo discorso del 1955 con cui spiegò proprio agli studenti quale fosse il senso profondo della Costituzione che aveva collaborato a scrivere. “La Costituzione è un pezzo di carta – diceva ancora – lo lascio cadere e non si muove. Perché si muova bisogna ogni giorno, in questa macchina, rimetterci dentro l’impegno, lo spirito, la volontà di mantenere quelle promesse, la propria responsabilità. Per questo una delle offese che si fanno alla Costituzione è l’indifferenza alla politica, l’indifferentismo”. Una scuola che formi cittadini sovrani capaci di attuare il progetto di giustizia della Costituzione: questa è la sfida.