Il Fatto 21.11.18
Come Gomorra e Suburra: droga, tigri e cavalli d’oro
Le
residenze - Una marea di kitsch dietro edifici anonimi. E addirittura
l’arco di un antico acquedotto trasformato in magazzino per utensili
dagli agenti di Roma Capitale
di A. Man.
Ènascosto
in cima a una collinetta tra la fitta vegetazione del vicino parco di
Tor Fiscale uno dei “feudi” cittadini del clan Casamonica. In fondo alla
popolare via del Quadraro, periferia Est di Roma, lontano da occhi
indiscreti, nei primi anni 90 una delle famiglie criminali più temute
della città – negli ultimi decenni diversi appartenenti hanno accumulato
denunce e processi soprattutto per spaccio di sostanze stupefacenti ed
estorsione – ha costruito una piccola enclave occupando 2 mila metri
quadri di terreno. Con il tempo sono state tirate su 8 villette, grandi
dai 150 ai 400 metri, completamente abusive, la prima determina del
Municipio VII che ne chiede l’abbattimento risale al 1997, l’ultima al
2017. Ci sono voluti 20 anni per sanare questa ferita urbanistica e
ripristinare la legalità.
A giudicare solo dall’esterno non ci si
aspetterebbe di essere in un luogo sfarzoso: una serie di palazzine di
due piani con un cortile e le inferriate di fronte, disposte a ferro di
cavallo. Le mura perimetrali sono scrostate, ogni casa ha un colore
differente e bisogna fare attenzione a non inciampare negli oggetti
sparsi tra un’abitazione e l’altra. Una volta entrati però l’atmosfera
cambia completamente, tra arredamenti barocchi, bagni e testiere dei
letti in marmo, lampadari di Murano e soprammobili dal gusto kitsch.
Tutto ordinatissimo, nonostante il blitz che ha svegliato i residenti
all’alba. Girando tra i corridoi assieme agli agenti della Polizia
locale ci si imbatte in un susseguirsi di tigri in ceramica, grandi
statue di cavalli dorate, pesanti tendaggi e soffitti del soggiorno
affrescati con angioletti.
Il color oro, come quello del denaro da
ostentare, sparso ovunque, dalla tappezzeria alle pareti. Tutto il
repertorio di arredamento e oggettistica già ritrovato nelle altre
roccaforti del clan, nei vicini quartieri di Romanina e Porta Furba,
sequestrate negli anni scorsi dalle forze dell’ordine. In un angolo di
una casa gli agenti hanno trovato anche un modulo con la richiesta di
assegno familiare da parte di uno dei residenti.
In un crescendo
di abusi edilizi era stato colonizzato anche l’acquedotto Felice,
costruito alla fine del Cinquecento, dato che alcune delle case sono
state costruite praticamente a ridosso. Un fornice del monumento
trasformato in un magazzino per utensili e chiuso con una porta. Uno
sfregio anche al patrimonio artistico che si aggiunge alle violazioni
edilizie.
Nella roccaforte della Romanina altri 6 immobili
sequestrati alla famiglia da alcuni anni attendono di essere assegnati
dall’Agenzia per i beni confiscati alla criminalità organizzata, ma la
“presenza” ingombrante del clan sul territorio sembra rendere difficile
per chiunque convertirli ad altro uso. Un muro di omertà scalfito dai
titolari del Roxy Bar, che ad aprile hanno subito un raid nel loro
locale, per il quale il mese scorso sono stati condannati per lesioni e
violenze private, con l’aggravante del metodo mafioso, tre componenti
della famiglia Di Silvio, legata al clan. L’operazione avviata ieri dai
vigili urbani del Campidoglio richiederà almeno 30 giorni di tempo per
arrivare a conclusione per via della fragilità del contesto circostante.
Le
ruspette, a partire da questa mattina, abbatteranno progressivamente
gli immobili facendo attenzione a non causare danni al vicino acquedotto
e alla linea ferroviaria che passa poco distante dalle abitazioni.
Prima è stato necessario che i residenti portassero via tutti i mobili,
le suppellettili e i vestiti. A pagare l’intervento è il Municipio VII,
che ha stanziato circa 600 mila euro per far abbattere i manufatti
abusivi e poi rimuovere le macerie.