Il Fatto 1.11.18
Emanuela e Mirella, tra Sant’Apollinare e il palazzo di via Po
Misteri e bugie - Una sparì a due passi dalla basilica con i resti del boss, l’altra vicino all‘ambasciata
di Rita Di Giovacchino
Sono
davvero Emanuela Orlandi e Mirella Gregori? Difficile credere dopo
tanti anni che la soluzione sia a un passo, ma appena le agenzie hanno
battuto la notizia che, sotto il pavimento di un locale adiacente
all’Ambasciata della Santa Sede, sono stati trovati lo scheletro quasi
integro di una donna e poco distante i resti di un’altra persona, forse
di sesso femminile, i fantasmi del passato si sono riaffacciati con
tutto il carico di interrogativi che non hanno mai trovato risposta. Una
cosa è certa: il destino di queste due adolescenti per strade diverse
ci conducono agli intrecci di quegli anni quando a Roma comandava la
Banda della Magliana, che non era soltanto un gruppo criminale, ma il
braccio armato di molti poteri e tra questi c’era anche, anzi
soprattutto, il Vaticano di Paul Casimir Marcinkus. Il vescovo americano
che non riuscì mai a diventare cardinale, ma che era di fatto il
dominus dello Ior, il tramite tra la Santa Sede e i Servizi segreti,
insomma il manovratore degli affari “indicibili” al cui centro si
trovava il Vaticano.
Emanuela era nata lì, dietro le Mura Leonine,
e il 22 giugno 1983 è uscita di casa alle 16 per recarsi alla scuola di
musica Tommaso Ludovico da Vitctoria, dove studiava flauto traverso.
Una scuola che si trova all’interno del complesso della chiesa di
Sant’Apollinare, a cento metri dal Senato. Quella sera uscì in anticipo,
ma a casa non è più tornata: né morta né viva. La famiglia, che vive
ancora all’interno del Vaticano, dove il padre lavorava come messo
pontificio, non si è mai rassegnata. Una ventina di anni dopo, si scoprì
che nei sotterranei di quella chiesa, all’interno di una cripta dove
sono sepolti principi, cardinali e artisti c’era anche la tomba di
Enrico De Pedis, alias Renatino, il Dandy di Romanzo criminale. In poche
parole l’ultimo capo della Banda della Magliana. Come era finito in
quella sontuosa cripta? Mistero. L’unica spiegazione era la devozione
del bandito al parroco Don Vergari, che aveva conosciuto a Regina Coeli e
a cui, disse la moglie, faceva generose offerte. Ma nessuno ci ha mai
creduto.
La foto che spiccava sulla lapide, tempestata di rubini,
era la stessa pubblicata dai giornali quando il boss romano nel marzo
1990 fu ucciso in via del Pellegrino. Non vogliamo addentrarci nei falsi
retroscena, nelle menzogne di Ali Agca, negli appelli del Papa, nei
depistaggi e negli ultimatum che che hanno scandito questa vicenda. Come
in ogni sequestro anche nella sparizione di Emanuela Orlandi,
l’obiettivo vero erano i soldi. Ma stavolta il riscatto era davvero
importante, perché dietro il rapimento c’era la mafia. A rivelarlo è
stata Sabrina Minardi, moglie di Bruno Giordano il bomber della Lazio,
ma soprattutto amante di Renatino. Una donna che nel 2008 a un
poliziotto rivelò: “Certo che so di Emanuela, l’ho accompagnata io in
Vaticano”, Il mandante del sequestro? “Marcinkus”. Il movente: “Così chi
doveva capi’ capiva”.
A gestire la faccenda, piuttosto delicata,
doveva essere Renatino. In ballo c’erano i miliardi che la criminalità
aveva investito nello Ior, dovevano rientrare con il 20 per cento di
interessi invece erano spariti nel crac dell’Ambrosiano. Sembra che al
boss sia stata riconosciuta una certa abilità nella trattativa, e forse
la bella sepoltura è stato un segno di riconoscenza, ma alla fine
l’inchiesta è stata archiviata dal procuratore Pignatone. Mancanza di
prove, valle a trovare le prove in una storia come questa. Anche
Emanuela era sepolta lì? I suoi resti furono a lungo cercati
nell’ossario adiacente alla cripta, ma il Dna dimostrò che appartenevano
a morti antichi: preti, viandanti, pellegrini.
Diversa è questa
storia dei due scheletri occultati sotto il pavimento della Nunziatura.
Quando? Sono ben conservati, per questo si indaga per omicidio. Mirella
viveva sulla Nomentana, quando è sparita il 7 maggio dello stesso anno
aveva detto che aveva un appuntamento a Porta Pia, a poche centinaia di
metri da via Po. La madre per anni ha accusato un vicino di casa, un
uomo molto più grande che si tratteneva con Mirella e una sua amica nel
bar sotto casa. Non era uno qualunque, ma un pezzo grosso della
Gendarmeria vaticana, a lungo indagato e poi prosciolto. Mancanza di
prove. C’è poi una foto di Mirella, raggiante, al fianco del Papa
durante un’audizione. Sono storie che si intrecciano quelle di Emanuela e
Mirella, difficile immaginare che il mistero della loro scomparsa possa
trovarsi sotto il pavimento della Nunziatura asfaltato da segreti tanto
più grandi di loro.