Il Fatto 13.11.18
Brexit e la strategia kamikaze di Corbyn
Labour divisi - Il leader vuole che il governo May si schianti per andare al governo, ma è contestato
di Sabrina Provenzani
A
guardarla da vicino, da questo lato della Manica, la strada per la
Brexit è lastricata di pessime intenzioni, ostacoli ideologici,
opportunismi personali. Perfino in queste settimane drammatiche in cui
la prospettiva di uscire senza accordo sembra sempre più vicina. Vale
per i Tories, divisi secondo crescenti gradazioni di fanatismo, ma anche
per il Labour di Corbyn, lacerato fra l’europeismo della maggioranza
del partito e i calcoli politici del capo. In una lunga intervista al
tedesco Spiegel uscita nel weekend, alla domanda: se potesse fermare
Brexit, lo farebbe? Il segretario del Labour ha risposto: “Non possiamo
fermarla. C’è stato un referendum. È stato invocato l’articolo 50.
Quello che possiamo fare è prendere atto delle ragioni per cui la gente
ha votato Leave”.
Che però è la sua linea, non quella uscita a
settembre dal Congresso del Partito, che dopo una battaglia all’ultimo
sangue ha votato a maggioranza una mozione per lasciare aperte “tutte le
opzioni”. Come ha ricordato ieri sir Keir Starmer, il ministro ombra
per la Brexit e campione dei laburisti Remainer, che in una intervista a
Sky ha platealmente contraddetto il capo, riaprendo uno scontro latente
ormai da mesi: “Brexit può essere fermata. Ma dobbiamo prendere delle
decisioni difficili”.
La prima è sostenere o no, in Parlamento,
l’eventuale accordo raggiunto fra Londra e Bruxelles. La seconda: in
caso di bocciatura, andare a nuove elezioni? La terza: se non si va a
elezioni, valutare le opzioni incluso un secondo referendum.
“Questa
è la chiara posizione uscita dal Congresso e Jeremy si è impegnato a
rispettarla”, ha chiarito Starmer. Vero, ma è un impegno preso con
riluttanza, perché l’ipotesi di un secondo voto popolare non lo ha mai
convinto, malgrado sia popolare fra iscritti ed elettori laburisti. Da
euroscettico, non potrebbe coerentemente fare campagna per restare in
Europa: non la fece la prima volta. Non solo: l’attuale bozza di accordo
non piace a nessuno, e piuttosto che approvarla perfino i parlamentari
conservatori pro-Europa sembrano ora preferire un nuovo voto popolare.
Insomma, l’ipotesi di secondo referendum raccoglie sempre più consensi
bipartisan. E invece Corbyn vuole il tracollo del governo, nuove
elezioni e l’occasione concreta di andare a Downing Street.
Con una ricetta in salsa socialista per i futuri rapporti con l’Ue, come chiarito sempre allo Spiegel.
“Non
punteremmo, come sognano i Tories, a una deregulation di tipo
statunitense. Negozieremmo una unione doganale ampia, che protegga il
confine irlandese e gli scambi in entrambe le direzioni. Leave o Remain,
nessuno ha votato per perdere il lavoro”.