Il Fatto 13.11.18
Marco Revelli
“In piazza una città perduta e tradita dagli imprenditori”
di Stefano Caselli
“Fatico
a dare una definizione alla manifestazione di sabato scorso. Forse la
più adatta è ‘la piazza della città perduta’”. Parola di Marco Revelli,
sociologo ma soprattutto torinese.
Professor Revelli, addirittura “perduta”?
Temo
di sì. Contrariamente al racconto che ne hanno fatto i principali
quotidiani, la manifestazione di piazza Castello – al netto della buona
fede di molti che hanno partecipato – è stata sostanzialmente lo
specchio di una città smarrita, spesso inconsapevole delle proprie
ragioni, talvolta anche poco informata e impaurita. Ho paura che molti
abbiano manifestato più per le ragioni degli altri che per le proprie.
Ossia?
Sto
parlando del cosiddetto ‘Sistema Torino’: pezzi di industria orfani
della Fiat ma subalterni alla Fiat, clientele politiche, costruttori,
avvocati, architetti e notai, categorie che vivono di opere decise dalla
politica. In pratica il sistema di potere che ha governato la città dai
primi Anni Novanta fino al 2016, una classe dirigente che ha sì
tamponato una crisi, ma non ha creato una vera idea di sviluppo. Mi
dispiace, ma vedere il futuro in quella piazza presuppone l’aver assunto
una buona dose di sostanze dopanti…
Non le pare un po’
ingeneroso? Molti torinesi erano in piazza per conto loro, preoccupati
da una sensazione di declino abbastanza diffusa…
Il declino c’è,
ma un’imprenditoria che si affida al Tav e che non cerca nuova identità e
nuove forze ma pensa che il ristagno della città sia dovuto alla
mancanza di quella linea ferroviaria è perduta. Torino ristagna a causa
dell’immobilismo delle sue classi dirigenti, il problema non è politico,
è di classe economica. L’imprenditore weberiano è un individuo
razionale, non adora un totem. Il Tav poteva avere un senso 30 anni fa,
quando la Fiat sfornava milioni di veicoli, ma adesso è un’idea scaduta.
Oggi escono piccoli rivoli di Maserati. E che si faccia o no la
Torino-Lione, se non ci si inventa qualcosa di nuovo non si esce dal
buco. Vivere chiedendo Tav e Olimpiadi è un atteggiamento da questuanti,
non da imprenditori.
In piazza c’erano anche molti elettori di centrosinistra…
Non
lo nego, ma la sostanza cambia poco. È giusto ascoltare un giovane
(anche se la piazza, va detto, era molto agée) dire ‘voglio un futuro’,
ma non c’è una sola ragione per cui il Tav possa garantirglielo, quel
futuro. Non voglio dire che molti fossero telecomandati. Un po’
disinformati sì, però.
È stata anche una manifestazione contro l’amministrazione cittadina, il Tav non era l’unico tema…
Certo,
parte del successo di questa manifestazione non riguarda il Tav, ma
l’incapacità della giunta Appendino di mantenere le promesse. Bisogna
dirlo: la gestione della città è desolante.
C’è chi ha parlato di “spallata”. Chi ne raccoglierà politicamente i frutti?
Nelle
intenzioni l’asse Pd-Forza Italia, l’affinità elettiva che ora circola
nel ceto politico sabaudo. Ma non dimentichiamo che in piazza si è
aggiunta la Lega, facendo un’operazione puramente politica per
destabilizzare i 5 stelle. L’utilizzatore finale rischia di essere
Salvini. Mi pare che tutti stiano lavorando per lui, ahimé, anche chi ha
manifestato contro il populismo. Il sistema politico, si sa, ha maggior
simpatia per la Lega che per i 5 stelle. La xenofobia di Salvini da
meno fastidio dei pasticcioni apprendisti stregoni, che a volte sono ben
al di sotto del livello accettabile della qualità politica. Ma è anche
vero che i 5 stelle sono meno metabolizzabili dai cosiddetti poteri
forti, quelli che parlano attraverso i giornali. Il rischio, insomma, è
che all’incasso di una piazza che gridava “Europa” passino quelli che
vogliono chiudere i confini.
In questi giorni molti hanno fatto parallelismi con la marcia dei 40 mila del 1980. Concorda?
Eviterei
paragoni azzardati, i promotori di quella manifestazione, tutti quadri
Fiat, furono poi licenziati nel 1990. E il declino della Fiat è iniziato
allora, non è cominciato il futuro.